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Il matematico Grothendieck, si ritirò dalla scena negli anni ’70 per evitare che il suo lavoro venisse sfruttato dall’industria bellica
C’è un momento, all’inizio del Novecento, nel quale la Verità matematica diventa relativa. Della sua nozione abituale rimane solo la coerenza della struttura argomentativa, ma non gli assiomi iniziali. A mettere in crisi definitiva ciò che pareva indiscutibile concorrono Hilbert, Frege, Poincaré, Dedekind, Cantor. Da quel 1917, anno nel quale a Zurigo Hilbert espose la sua teoria degli assiomi, per il pensiero scientifico nulla sarà più come prima. E come è sempre accaduto a mettere i bastoni tra le ruote è stata proprio la matematica, la disciplina che più di ogni altra ha diretto la danza che gli uomini menano intorno alla realtà quando cercano di conoscerla. Orientati da due assunti fondamentali, il primo dei quali dice che il mondo è interamente matematizzabile; il secondo che le leggi fisiche sono continue e che una qualsiasi variazione nei parametri dell’esperienza produce variazioni nei risultati riscontrati, matematici e fisici si sono inoltrati in un territorio incognito. Ciò che pareva solido si è dissolto; l’indiscutibile viene interrogato e rimesso in discussione e tutti gli assiomi di base diventano fonte di disaccordi incomponibili.
Una delle figure che meglio rappresenta questa crisi – accompagnata però da uno straordinario successo tecnico – è stato Alexandre Grothendieck. Nato a Berlino nel 1928, membro del gruppo raccolto sotto il nome fittizio di Nicolas Bourbaki, nel quale militò il fratello di Simone Weil, André. Medaglia Fields nel 1966, l’equivalente del Nobel in matematica, Grothendieck si ritira dalla comunità scientifica negli anni 70 per evitare che il suo lavoro venga sfruttato dall’industria delle armi, come è successo a Oppenheimer e, con la sua convinta adesione, a John von Neumann. Muore nel 2014, nel sud della Francia, dopo aver condotto gli ultimi anni della sua vita appartato, durante la quale assumerà posizioni ambientaliste sempre più radicali. Negli anni 80 inizia una profonda analisi della propria storia personale e via via gli eventi che hanno inciso drammaticamente nella sua vita gli si presentano come effetti del declino e della decomposizione di una umanità spiritualmente morta alla quale i risultati scientifici non solo non pongono rimedio ma, se possibile, aggravano. Redige migliaia e mialle gliaia di pagine nelle quali la lucidità razionale del suo pensiero fa i conti con la propria storia. Di genitori rigorosamente atei per i quali la religione era una sopravvivenza arcaica, Alexandre ricostruisce il fallimento radicale delle prospettive nelle quali si trovarono implicati: la rivoluzione mondiale. Il padre, Jossl Isaevitch Shapiro, ebreo russo, combatte con l’armata anarchica di Makhno e viene condannato a morte da Stalin ma ucciso da Hitler; la madre, Johanna Grothendieck, tedesca, scampa al campo di Rieucros in Francia, dove era internata col figlio Alexandre e muore di tubercolosi nel 1957. La matematica diventa un luogo della mente dove il Tutto dovrebbe spiegarsi e manifestare la sua verità ultima e definitiva.
Alla fine del 2024 la casa editrice francese, Èditions du Sandre, ha pubblicato un libro del grande matematico: La Clef des Songes ou Dialogue avec le Bon Dieu (La chiave dei sogni o Dialogo con il buon Dio). Sono quattrocento pagine intense, scritte da una figura che la comunità scientifica tuttora considera come decisiva per la soluzione dei problemi ancora irrisolti della matematica, nelle quali viene descritto un cammino spirituale che può bene essere accostato Confessioni di Agostino. La sua non può definirsi una vera e propria conversione al Dio cristiano, per quanto i tratti assolutamente personali del Creatore prevalgano su altri di natura più panteistica. In Dio non risiede alcun sapere inerte simile a quello di un qualche ipotetico e gigantesco computer che vorrebbe possedere la memoria di ciò che fu e di ciò che sarà, ma una conoscenza vivente, dialogante. «È Lui, il Creatore che è in ciascuno di noi e che ci incoraggia a essere creatori come Lui – ed è Lui che costantemente ricusiamo».
Ritroviamo Alexandre nell’ultimo romanzo scritto da Cormac McCarthy, Stella Maris, dove la protagonista, anch’essa matematica, alla domanda del dottore che la segue e che le chiede perché non risponde alle lettere di Grothendieck risponde: « Fondamentalmente perché ha mollato la matematica – Come lei. – Sì. Come me. […] Ha prodotto più lui di quanto ci si aspetterebbe da cinque matematici messi assieme. Quasi quanto Eulero … ha cambiato la matematica in modo sostanziale. Era alla testa del gruppo Bourbaki ma alla resa dei conti gli altri non sono riusciti a seguirlo. O non hanno voluto».