BRUXELLES -Dopo la sconfitta subita giovedì scorso a Strasburgo con l’elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, al governo italiano viene assestato un altro schiaffo. Stavolta, però, non si tratta di una nomina dell’Ue, ma una della Nato. Il segretario generale uscente dell’Alleanza ha infatti scelto lo spagnolo Javier Colomina come rappresentante speciale per i rapporti con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo.
Giorgia Meloni è andata su tutte le furie. Ha protestato direttamente con Stoltenberg. E l’ambasciatore italiano presso la Nato gli ha spedito una lettera manifestando «sorpresa e disappunto» per la scelta compiuta martedì scorso. L’irritazione italiana è ancora più marcata perchè la designazione è stata decisa quattro giorni dopo la fine del vertice del Patto atlantico di Washington. In quell’occasione la presidente del consiglio aveva esplicitamente avanzato la candidatura italiana con uno dei diplomatici della presidenza delconsiglio. E pensava di aver ricevuto rassicurazioni a questo proposito. Anche perchè sul fronte meridionale l’Italia aveva insistito con decisione al summit di Washington ottenendo riferimenti espliciti nella dichiarazione finale. Proprio nella capitale americana Meloni aveva detto: «È stato ribadito l’impegno ad aumentare la sicurezza degli alleati sul fianco sud. L’Italia è stata ascoltata ». E aveva aggiunto: «C’è una nuova fase di attenzione al fianco Sud e una presa di coscienza, c’è un pacchetto di misure, con l’indicazione di un inviato speciale, ruolo per cui l’Italia intende presentare la sua candidatura». L’ascolto, però, non è stato cosi attento come sembrava.
Non solo. In qualche modo, in un colloquio con Mark Rutte, il futuro segretario generale della Nato, la premier aveva ottenuto qualche garanzia su questo incarico. Il via libera all’ex premier olandese era stato insomma sottoposto a questa condizione. Senza considerare, però, che Rutte entrerà formalmente in carica solo il prossimo novembre.
Il secondo aspetto riguarda proprio il pacchetto di nomine approvato dal segretario generale uscente nei suoi ultimi 3-4 mesi di mandato. Palazzo Chigi non si aspettava che Stoltenberg desse in extremis il via libera a una serie di incarichi così importanti. Palazzo Chigi, Farnesina e ministero della Difesa hanno contestato almeno sei nomine varate – a loro giudizio senza concorso o comunque bypassando le procedure normali: dal Segretario del Consiglio al capo delle risorse umane fino al ruolo di portavoce.
Proteste, però, che sono servite a ben poco. L’unica ancora di salvezza è rappresentata dal mandato a termine assegnato a Colomina. Secondo Stoltemberg, infatti, la sua nomina è a tempo ed è legata esclusivamente alla sua permanenza nel Quartier Generale di Bruxelles. Ossia fino al prossimo 31 ottobre. A quel punto il suo successore Rutte potrebbe incaricare un altro candidato.
Il punto, però, è che il governo italiano nel giro di una settimana ha subito a livello internazionale due sonore sconfitte. E la scelta compiuta in questi giorni dall’alleanza Atlantica pone un problema di credibilità dell’esecutivo soprattutto in vista delle prossime scadenze. La sensazione più diffusa, nella sede dell’Alleanza a Bruxelles e anche nei vertici Ue, che l’affidabilità di Palazzo Chigi si stia progressivamente riducendo. Soprattutto in prossimità di un possibile cambio della guardia alla Casa Bianca. Molti iniziano a guardare con sospetto l’eventualità che Meloni compia un’inversione ad U nella sua politica estera atlantista e abbracci la visione di Donald Trumpattraverso un rinnovato feeling con l’ungherese Orban. Del resto, sempre la scorsa settimana a Washington, rispondendo ad una domanda su chi preferisse tra Trump e Biden, la premier italiana aveva risposto: «L’Italia e gli Stati Uniti hanno rapporti estremamente solidi e quei rapporti non sono mai cambiati nonostante il mutare dei governi. Poi le mie idee politiche le conoscete bene, sapete anche che io sono presidente dei conservatori europei. Sapete pure che ai conservatori europei è iscritto anche il Partito repubblicano tra i partiti global, quelli esterni all’Ue». Un segnale che non è passato inosservato.