Vespa si presenta in trasmissione a Cinque minuti e si sfoga: “Anche nel 2001 c’era la par condicio, proponemmo una prima serata con Berlusconi e una con Rutelli, ci furono negate. Al tempo stesso, sulle tre reti Rai andò in onda questo”. E parte il filmato della celebre puntata di Satyricon in cui Travaglio, intervistato da Luttazzi, spiegava la sua inchiesta sui soldi di B. Vespa si avvelena: “Travaglio e Santoro non tennero conto della richiesta di archiviazione per quelle accuse contro Berlusconi”. Come se bastasse a garantire per la storia del forzista.
Poi Vespa attacca Santoro (che è pure candidato alle Europee), reo di “aver dedicato 4 trasmissioni a Berlusconi”. Infine, si sdegna il giornalista, “entrano in campo Biagi e Benigni”, e parte il filmato dell’intervista in cui il comico scherzava su B., Umberto Bossi e Gianfranco Fini. Sacrilegi che “costarono da 1 a 3 milioni di voti” al Cav: “Questo è il pluralismo dell’informazione a cui dobbiamo fare riferimento?”.
Il sarcasmo di Vespa dimostra l’insofferenza per lo stop. Che però non è certo il primo e forse dovrebbe indurre il conduttore a qualche riflessione: nel 2022 l’Agcom dovette dirgli che la sfida tra Meloni ed Enrico Letta non rispettava le regole, nel 2016 l’Autorità fu costretta a richiamarlo dopo un’intervista piuttosto conciliante al figlio di Totò Riina. Ora invece i criminali sono Travaglio (peraltro mai condannato per quella trasmissione, come Luttazzi) e chi osava criticare Berlusconi.
D’altra parte la giornata era stata parecchio nervosa. Anche in FdI hanno preso malissimo la decisione dell’Agcom: “Meloni ha dato la disponibilità a un confronto con la principale forza di opposizione. Purtroppo Agcom ha fatto sue le argomentazioni di chi ha voluto impedire questo confronto”. Ergo, “FdI ne prende atto e conferma la disponibilità al confronto attraverso i propri rappresentanti politici, senza far perdere ulteriore tempo al presidente del Consiglio”. Un’accusa non da poco, quella di Via della Scrofa, secondo cui l’Authority avrebbe prestato il fianco a colui che quel duello a due ha contrastato fin dall’inizio: Giuseppe Conte. A cui poi sono andati dietro tutti gli altri: FI, Iv, Azione, Avs. Con questi numeri, il confronto è impossibile. Tanto che è la stessa Rai a ufficializzarlo, intorno a mezzogiorno: “In assenza della maggioranza richiesta da Agcom, Rai ritiene di non poter programmare alcun confronto”.
A quel punto, almeno a sentire le voci dal Transatlantico di Montecitorio, si riparte dalla possibilità di organizzare tutto da Enrico Mentana, con la proposta di due serate, il 5 e il 6 giugno, con tutte le liste divise in due tempi. Ma il mancato duello lascia scorie in circolo tra i partiti. Schlein, per esempio, accusa Conte, senza nominarlo. “C’è chi preferisce rinunciare a un’opportunità di confronto in prima serata pur di negarla alle due donne che guidano i primi due partiti d’Italia”, afferma la segretaria del Pd. Facendo poi sapere di “essere disponibile a un confronto con la premier dovunque e in qualunque momento”. Con Conte che, da parte sua, gongola sapendo che lo stop è anche frutto della lettera inviata all’Authority dalla presidente della Vigilanza, Barbara Floridia: “Il duello a due è stato giudicato lesivo della parità di trattamento nei confronti delle altre forze politiche. Si è provato a ingannare gli elettori, un po’ come le finte candidature dei leader”. L’ex premier si rivolge poi a Meloni: “Cara Giorgia, che farai adesso? Ti tirerai indietro rispetto a un confronto con il sottoscritto e gli altri leader? Dai, vieni da Mentana…”. Il colpo di grazia per Vespa.
LEGGI – Dall’Agcom a Mentana: assedio al duello da Vespa
LEGGI – Meloni-Schlein: così Vespa aggira la par condicio
LEGGI – Confronto tv: partita truccata con l’arbitro di parte