– I CENTO ANNI DI JIMMY CARTER: “FELICE DI VOTARE KAMALA HARRIS”
Approdato nel 1977 alla Casa Bianca da governatore della Georgia, Carter non aveva avuto la vita facile una volta eletto presidente. Aveva governato l’America in un periodo di gravi emergenze in patria e nel mondo, tra cui la crisi degli ostaggi in Iran: la percezione che non fosse stato in grado di gestirle ne provocò nel 1980 la sconfitta elettorale. Come peraltro George H.W. Bush, da lui silurato dal posto di direttore della Cia e che poi si era preso la rivincita come vice nel ticket con Reagan, anche Carter se ne è andato dal mondo con un giudizio della storia più benevolo di quando aveva lasciato la Casa Bianca: tornato a occuparsi di filantropia e politica estera, il presidente degli accordi di Camp David nel 2002 fu insignito del premio Nobel per la pace. James Earl Carter Jr. era nato nel 1924 nella piccola Plains: il padre proprietario di un campo di arachidi, la madre infermiera che aveva sfidato la segregazione razziale per aiutare donne di colore.
Nel 1941 Jimmy fu il primo della sua famiglia paterna a finire il liceo: andava a una scuola per soli bianchi, ma i suoi due migliori amici erano afro-americani. Nel 1977 aveva raccolto da Ford il testimone della presidenza. Erano anni difficili per l’America, in piena crisi energetica e recessione. Il 4 luglio 1979, tra file interminabili alle pompe di benzina, il presidente, che doveva parlare alla nazione, cancellò in extremis per riemergere dieci giorni più tardi con il “discorso del malessere”: una sorta di sermone in cui avvisò di “una crisi di fiducia, che colpisce al cuore la volontà nazionale” e che per lui fu un boomerang. Contrastato il bilancio della politica estera: dopo i successi dell’accordo Salt II con l’Urss e la stretta di mano di Camp David, l’invasione dell’Urss in Afghanistan provocò un ritorno al clima della guerra fredda. La presa dei 52 ostaggi in Iran il 4 novembre 1979 fu il chiodo nella bara.
Gli americani furono liberati solo il 21 gennaio 1981, all’indomani dell’insediamento di Reagan e dopo il tragico fallimento, nell’aprile 1980, di una missione di salvataggio (l’operazione Eagle Claw, una delle prime della Delta Force): un aereo cargo fu distrutto e otto militari rimasero uccisi. L’ultima crociata, come capo del Carter Center, era stata all’insegna della pace: un appello a Barack Obama per il riconoscimento della Palestina. Curato con l’immunoterapia dopo la diagnosi di un tumore al cervello, Jimmy Carter ha chiuso la vita impegnandosi a far del bene: costruendo case per poveri e insegnando religione. Un misto di riflessioni sul Vangelo e ricordi di antica diplomazia, le lezioni nella piccola chiesa battista di Plains avevano attirato domenica dopo domenica centinaia di pellegrini per i quali il messaggio dell’anziano predicatore aveva rappresentato l’antidoto ai veleni della politica che si vedevano ogni giorno in televisione.