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3 Novembre 2023Il Pd verso il voto
E così il prossimo 15 novembre si riuniscono i Mille (più o meno, s’intende): non sono quelli di Garibaldi, non partono da Quarto e non vanno a combattere per l’unità d’Italia. Più modestamente, visto che la Penisola è già una, si muoveranno dal Tuscany Hall, guidati da Cecilia Del Re per convincere (o costringere?) il Pd fiorentino alle primarie e ivi consentire alla stessa Del Re di tentare di prevalere e aprirsi la strada verso la stanza di Clemente VII. L’iniziativa di cui parliamo rivela in primo luogo che, in particolare a sinistra, le sfide politiche locali ormai si definiscono sugli individui che intendono parteciparvi, più che su personalità indiscutibili a cui venga chiesto di mettersi a disposizione di un progetto politico. Tutto ciò si può affermare con maggiore sicurezza in una situazione come quella di Firenze in cui gli avversari del centrosinistra possono dare l’impressione, consolidata dall’esperienza, di non essere alla fine realmente competitivi. Detto questo, bisogna riconoscere che Del Re qualche ragione ce l’ha. Perché una parte dei democratici e in particolare Dario Nardella può preferire una scelta del candidato sindaco che sia fatta dalla classe dirigente del partito, al fine di evitare le primarie? Perché a questo punto per Nardella un eventuale successo di Del Re potrebbe significare mettere in discussione dieci anni di governo (a cui pure lei, per gran parte, ha partecipato) e pesare negativamente sulle prospettive politiche di chi ne ha avuto la leadership.
Mettere, cioè, in discussione quella continuità a cui Nardella tiene per ovvi motivi, ma che ormai viene contraddetta dallo stato reale in cui si trova Firenze: basti dire che, in un incontro con il sindaco, Confesercenti (una storia che sempre si è intrecciata con la sinistra di governo) è arrivata anch’essa a chiedere discontinuità. Nel merito, dunque, ci sta di chiedere le primarie, soprattutto in un partito che le prevede per statuto e che non ha esitato a far eleggere da iscritti e non iscritti una segretaria nazionale che ha preso la tessera del Pd solo dopo aver vinto la sfida con Bonaccini, quella di strada come direbbe
Vincenzo De Luca.
Oltre al significato politico e al merito delle proposte di governo future, di cui a dire la verità non si vede traccia concreta e illuminante da nessuna parte, c’è un’altra ragione che teoricamente potrebbe mettere in difficoltà chi vuole far scegliere dagli organi dirigenti il candidato, ovvero la candidata sindaca (si legga Sara Funaro), come dal lapsus di Nardella, riportato a margine del colloquio con Confesercenti. In assenza di una figura di indiscussa superiorità, come farebbe il Partito democratico a negare a concorrenti che più o meno si equivalgono di misurarsi sul consenso di ciò che resta dei militanti e dei simpatizzanti di un
partito che si è inizialmente definito proprio sulle primarie?
Tutto è possibile, come si sa, ma alla fine, mille a favore o mille contro, può anche darsi che qualcuno si stufi di fronte a giochi e giochetti tutti personali e di una continuità con cui convive da decenni.