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17 Luglio 2023LUTTO NELLA CHIESA
17 Luglio 2023È troppo vicino il ricordo di Palermo per aprire quel fronte Riaffiorano le distanze tra il ministro e FdI
di Giovanni Bianconi
I toni felpati e rispettosi dell’ultimo confronto-scontro tra Giorgia Meloni e Carlo Nordio («comprendo le sue valutazioni, sempre molto precise» dice lei, «perfetta sintonia», replica lui) non riescono a mascherare del tutto la distanza tra la presidente del Consiglio e il suo ministro della Giustizia. Sul metodo più che nel merito delle questioni. L’uscita del Guardasigilli sulla necessità di «rimodulare un reato-ossimoro» come il concorso esterno in associazione mafiosa — tanto più alla vigilia delle celebrazioni per la ricorrenza dela morte di Paolo Borsellino, il magistrato-icona dei post-missini — ha posto un problema di opportunità, prima ancora che di contenuto. Colto nell’immediatezza dal sottosegretario di Palazzo Chigi Alfredo Mantovano, primo consigliere della premier per le questioni di giustizia e sicurezza, che anticipandola aveva già spiegato che quel’intervento non era una priorità. E che anzi il governo sta lavorando a un decreto-legge per stringere i bulloni sul concetto di «criminalità organizzata» allentati da una recente sentenza della Cassazione. Nordio aveva incassato senza battere ciglio. Sono segnali che mettono in luce le difficoltà di un ministro poco avvezzo alla tenzone politica e alle trappole che si possono nascondere dietro ogni dichiarazione; fatta con un piglio accademico o da giurista, più che da uomo di governo. Tant’è che ogni volta in cui deve correggere o specificare meglio ciò che intendeva dire è costretto, come ieri, a ripetere che si tratta di concetti già espressi nel corso dei decenni in libri e convegni. Quando era solo «un tecnico», o un intellettuale, non un ministro.
Il sostegno di Forza Italia (e Renzi)Ma al di là di questi aspetti, resta un nodo di fondo che a nove mesi dalla nascita dell’esecutivo non è stato ancora sciolto, e anzi rischia di diventare sempre più aggrovigliato: per come è fatto, per la sua storia e per le idee che ha sempre espresso, all’interno della compagine che sostiene il governo Carlo Nordio sembra più vicino a Forza Italia che a Fratelli d’Italia, il partito che lo ha candidato alle elezioni. E uscendo dai confini della maggioranza, è ancora più vicino a Italia viva di Matteo Renzi, che l’ha sempre definito «il miglior ministro della Giustizia», oltre che «un galantuomo». E sempre da quelle parti, il responsabile giustizia di Azione Enrico Costa (ex Forza Italia) appena l’altro ieri denunciava: «Nordio ha un’identità e una linea chiara e garantista, Fratelli d’Ialia lo segue o lo frena a seconda delle convenienze. Anche questo è uso strumentale della giustizia». Una conferma di ciò si può rintracciare nel fatto che nella primavera di un anno fa l’attuale ministro è stato il presidente del comitato per il «sì» ai referendum sulla giustizia, falliti per il mancato raggiungimento del quorum. Ebbene, quei quesiti furono tutti convintamente sostenuti da Forza Italia (e Italia viva), mentre Fratelli d’Italia si schierò a favore solo di tre, restando contraria a quelli che miravano a restringere il ricorso alla carcerazione preventiva e ad abrogare la legge Severino sulle incandidabilità dei condannati. Un dettaglio che dice molto rispetto all’approccio più «garantista» (l’espressione più in voga per definire certi schieramenti, ma non sempre usata a proposito) dell’ex magistrato rispetto al partito che lo ha portato in Parlamento.
L’investitura popolareQuando, in estate, Meloni lo chiamò per offrirgli la candidatura nelle sue liste gli spiegò che volendolo indicare come ministro della Giustizia (forse anche per mancanza di alternative altrettanto autorevoli e note al grande pubblico, viste le frequenti apparizioni di Nordio in tv, soprattutto sulle reti Mediaset) c’era bisogno di quel passaggio che doveva fungere da investitura popolare. Poi nelle trattative con gli alleati ci fu qualche frizione con Forza Italia che rivendicava per sé la poltrona di via Arenula. Ma bastò un rapido faccia a faccia con Silvio Berlusconi per garantire a Nordio la nomina a Guardasigilli. Dopo la quale non sono mancate incomprensioni e piccoli incidenti di percorso. Come quando, all’indomani dell’arresto di Matteo Messina Denaro, Nordio lasciò intendere di considerare inutili le intercettazioni nelle inchieste antimafia. Anche lì arrivò un cordiale «stop» da Palazzo Chigi, accompagnato dalla concomitante solidarietà di Forza Italia. Ribadita ancora ieri, sul concorso esterno. Ma la convivenza va avanti, perché c’è da realizzare un programma di governo in cui campeggia la riforma costituzionale della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, e in vista del «no» compatto della magistratura serve un ex-pm come testimonial. Prima però bisognerà superare l’ostacolo dell’abolizione tout court dell’abuso d’ufficio, che Nordio ha ottenuto di introdurre nel disegno di legge che sta per approdare al Senato. Con l’appoggio convinto di Forza Italia. Dopo le perplessità espresse dal Quirinale, e in attesa del dibattito parlamentare, si attendono le indicazioni di Giorgia Meloni. Sul destino di quel reato, e del ministro della Giustizia.