Proprio quando Giorgia Meloni s’era illusa di averlo domato, Silvio Berlusconi è tornato con una mossa delle sue e ha fatto saltare ogni equilibrio. La lucida follia dell’ex Cavaliere è tornata ai livelli – ritenuti a torto irriproducibili – dell’epoca dei suoi governi, e l’audio parlamentare in cui riabilita totalmente l’amico Vladimir Putin, con tanto di dolci lettere di compleanno e improbabili scambi di vodka e Lambrusco, lo certifica definitivamente.
La giornata è cominciata la decisione di Berlusconi di far eleggere per acclamazione Licia Ronzulli come capogruppo di Forza Italia al Senato, consegnandole la guida della piccola ma determinante pattuglia di senatori e quindi anche gli strumenti per sabotare dal parlamento ogni manovra di chi non l’ha voluta in Consiglio dei ministri. Per completare lo scacco alla maggioranza, alla Camera è stato scelto Alessandro Cattaneo, deputato vicino a Ronzulli e scartato per un ministero. Non avrebbe potuto fare scelte più sgradite a Fratelli d’Italia, dando il via a una belligeranza a intensità nemmeno troppo bassa.
IL CASO UCRAINA
Ma nel pomeriggio è arrivata la vera offensiva al governo non ancora nato. All’incontro con i deputati, Berlusconi ha raccontato del suo riavvicinamento personale con Putin, prima gofamente smentito ma poi confermato da un audio ottenuto da Lapresse, consacrato con uno scambio di doni alcolici. Questo, soprattutto, ha sollevato ansie tra gli alleati per il riverbero internazionale sulla credibilità del governo.
Maurizo Lupi di Noi moderati ha preso le distanze, parlando di centrodestra compatto con l’Ucraina e smentite di «sbandate pro Putin» da parte dei presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana (Lega) e Ignazio La Russa (FdI). Berlusconi ha poi raccontato ai deputati di aver detto a Meloni «di imparare almeno a usare il condizionale quando parla con gli alleati» di incarichi da voler tenere per sè e che lei gli ha «riso in faccia quando le ho chiesto tre ministeri in più» per compensare le presidenze di Camera e Senato.
LA GIUSTIZIA
Poi, ai microfoni che lo inseguivano fuori da Montecitorio, Berlusconi ha rilasciato una serie di dichiarazioni in cui ha di fatto smentito l’accordo di via della Scrofa chiuso solo il giorno prima con Meloni: «Al ministero della Giustizia andrà Elisabetta Casellati, Meloni è d’accordo», ha dichiarato in favore di telecamera, riaprendo il tavolo delle trattative sui ministri. Fratelli d’Italia ha fatto solo trapelare che sulla Giustizia non c’è alcun accordo e che il candidato rimane Carlo Nordio. Antonio Tajani ha tentato di ridimensionare parlando di «trattativa in corso», anche La Russa è intervenuto per provare a riportare la calma, ma ormai il caso Giustizia è scoppiato.
Il leader di Forza Italia ha elencato tutti dicasteri che secondo lui spettano al suo partito, con i nomi dei relativi ministri. Una sgrammaticatura istituzionale tanto evidente quanto voluta, visto che in questo modo ha bruciato non solo la presidente del Consiglio in pectore ma ha scavalcato anche il Quirinale.
IL CAOS TOTALE
Il segnale di Berlusconi è chiaro, anche a costo di creare un caso internazionale e sgretolare la credibilità del governo prima ancora che nasca: Meloni ha commesso un errore se pensava di aver stabilito i rapporti di forza con l’umiliazione della riunione nella sede di FdI e la mancata concessione di un ministero per Ronzulli, dello Sviluppo economico e della Giustizia. «Se pensa che Berlusconi possa fare l’alleato di minoranza silenzioso, sbaglia», conferma una fonte di FI, vicina a Ronzulli.
Al netto del rumore di fondo, la tattica è quella di mostrare che esistono molti modi per sabotare un governo prima ancora che nasca se non otterrà «pari trattamento con la Lega», ha spiegato ai cronisti. Per riequilibrare, la Giustizia deve andare a FI, visto che il Mise è già stato promesso al consigliere Guido Crosetto e il messaggio lanciato con i capigruppo ha l’obiettivo di sostenere questa richiesta.
Chi conosce Meloni racconta la sua rabbia per il sabotaggio ormai sguaiatamente palese e attende la sua reazione. Ogni equilibrio istituzionale è saltato. La Russa, neoeletto al Senato in ruolo di garanzia, continua a rilasciare dichiarazioni politiche da dirigente di FdI; Berlusconi consuma le vendette personali sue e a nome di Ronzulli senza curarsi dell’Europa e del mondo che osservano e giudicano la formazione del governo; i nomi dei ministri vengono annunciati e smentiti a distanza di poche ore da quelli che dovrebbero essere alleati. Non certo il «governo di alto profilo» annunciato da Meloni, che somiglia sempre più a una bomba pronta a esplodere, nel mezzo della crisi economica.