Il passo “chiarificatore”, come lo chiamano dentro ai 5 Stelle, è arrivato ieri pomeriggio, nella domenica che Andrea Orlando – candidato in pectore del centrosinistra alla Regione Liguria – aveva fissato come data limite della sua disponibilità. “Anche lo yogurt scade”, aveva ribadito nelle ultime ore, a spiegare che la sua pazienza non sarebbe potuta durare ancora a lungo. Frase, va detto, che aveva destato un discreto allarme a Roma, soprattutto dalle parti della segretaria del Pd Elly Schlein, fino a quel momento apparsa piuttosto distante dalla partita. Eppure restano solo un paio di settimane prima di dover presentare le liste e la campagna elettorale è già ridotta a una sessantina scarsa di giorni utili. È forse anche per l’ultimatum di Orlando che, sabato, Schlein ha finalmente pronunciato verbo su Matteo Renzi: “Non può tenere il piede in due scarpe”. Ovvero che se a Genova sostiene il centrodestra di Marco Bucci, in Regione non può stare con il suo simbolo nella coalizione che quel centrodestra vuole mandare a casa.
Un punto decisivo, per i 5 Stelle, che avevano messo in campo il nome di Luca Pirondini, nell’ipotesi che l’accordo di coalizione non venisse raggiunto. E che ieri è uscito ufficialmente di scena: “Il bene della Liguria significa oggi la convergenza sul profilo di maggiore unità”, ha scritto il Movimento in una nota, con il dichiarato intento di evitare che Orlando finisse per ritirarsi. “Abbiamo sentito il bisogno di dare la possibilità a Andrea di sentirsi pienamente supportato”, spiegano dai Cinque Stelle. Consapevoli che “anche da un punto di vista personale”, rimanere congelato nella corsa anti-Toti era una condizione non più sostenibile.
Il primo a reagire, è Orlando stesso. Che non si sbilancia nel dire che tutto è risolto, ma fa sapere di aver apprezzato: “Oggi è un giorno di grande rilevanza – ha detto ieri a margine di una festa dell’Unità in provincia di La Spezia – Ci sono ancora nodi da sciogliere e questioni da affrontare, ma quello che è avvenuto è un fatto assolutamente importante”. Poco dopo è stata la leader dem a confermare: “Sono felice delle dichiarazioni del M5S, è un passo avanti significativo”.
Ieri si sono così confrontati in una riunione alcuni rappresentanti regionali dell’opposizione. C’era anche Azione, che pure ha portato un elenco di opere (alcune indigeste agli alleati, vedi la famigerata Gronda) come prioritarie per la prossima amministrazione ligure. Assente invece la compagine renziana, anche grazie a una provvidenziale coincidenza: in Regione non ha eletti. Il loro simbolo a sostegno di Orlando, non ci sarà. Al massimo, come già raccontato dal Fatto, potrà esserci un “listone” a trazione centrista in cui infilare qualche esponente di area. Ma senza nomi di rilievo, come chiede anche il Pd genovese, allineato con Conte nel dire no al ritorno all’ovile del fu rottamatore (lo stesso mood, va detto, della base dem, almeno stando ai fischi sentiti ieri alla festa nazionale dell’Unità durante l’intervista di Bianca Berlinguer a Stefano Bonaccini).
La partita, naturalmente, è tutt’altro che già vinta: nonostante le vicende giudiziarie che hanno portato all’arresto del presidente uscente, Giovanni Toti, il centrodestra in Liguria continua a restare ben radicato sul territorio. Non hanno ancora un candidato, nel vertice di maggioranza di due giorni fa Meloni, Salvini, Tajani e Lupi hanno discusso di una rosa di nomi e l’ipotesi più accreditata resta quella della totiana Ilaria Cavo. Stasera Toti farà su Mediaset (da Nicola Porro a Quarta Repubblica) la prima uscita televisiva dopo la fine dei domiciliari. Se non altro, la svolta di ieri ha evitato che potesse andare in tv a dire che – dopo tanto rumore – l’opposizione non aveva ancora nemmeno trovato un nome da candidare come suo successore.
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