Gli artisti dovrebbero impegnarsi di più sulla scena pubblica con spettacoli come il vostro?
Germano: Ognuno lo fa come può e come sente, non vorrei si sviasse però dal vero problema che è, semmai, l’informazione.
Oggi siamo sommersi dalla propaganda?
Germano: Lo siamo da molto tempo, siamo cresciuti con l’Ivan Drago di Rocky IV. Altre volte abbiamo subito la propaganda della guerra necessaria, ma oggi è forte il tentativo di metter a tacere ogni voce di dissenso.
Teardo: Alcuni anticorpi, paradossalmente, sono arrivati dall’America, dalla contro-cultura americana.
Germano: È vero, in passato. Oggi, però, non diventano più mainstream. E accadono cose inaudite: al Festival di Toronto hanno bocciato il film Russians at War, non accettato perché racconta la guerra in Ucraina dal punto di vista dei soldati russi. Stiamo parlando di un documentario su esseri umani al fronte, non di propaganda sulla vita di Putin.
È ancora possibile raccontare le cose rimanendo fuori dal coro?
Germano: C’è una grossa ingerenza, direi un bullismo mediatico, molto pervasivo.
Teardo: Avete presente il cartello sui treni: “Pericoloso sporgersi”. Mi viene in mente quello.
Germano: E poi c’è un sostanziale inasprimento del sistema, il nuovo disegno di legge liberticida che vieta di manifestare ne è un esempio. Il messaggio è chiaro: se segui la Costituzione sei un criminale. E magari, invece, la fai franca se sei un businessman che lucra su sanità o scuola.
Però voi portate in scena un messaggio contro la guerra molto potente. E nessuno ve lo impedisce. Perché avete in qualche modo la fortuna di essere mainstream?
Teardo: Ma ci sono delle pressioni che comunque si sentono. E io non mi ritengo mainstream, ma avverto lo stesso tipo di pressioni anche nel mio mondo underground.
Germano: Siamo scivolati in un sistema classista: il mio livello di sicurezza e libertà è dato solo dal potere economico che muovo. Solo da quello. E godo molti più diritti del me stesso di venticinque anni fa. Perché i diritti sono solo di chi se li può permettere, anche nel cinema, ma nel nostro sistema in generale: è un sistema che propone leggi repressive che puoi piegare se hai la possibilità di pagare un buon avvocato, non se vieni della strada.
Teardo: Il potere è dato anche dalla visibilità mediatica, da un certo tipo di popolarità.
Germano: Sì, ma perché tutto si traduce in cifre. Io sono arrivato a poter ottenere le ore di cui ho bisogno per riposare sul set, ma non è per tutti così. Ci vantiamo di essere il paese degli artisti, eppure teniamo gli artisti a partita Iva come i ristoratori.
L’ex Opg a Napoli è mutuo soccorso, ambulatorio medico, banco alimentare, teatro popolare, doposcuola… Ed è il quartier generale di Potere al popolo, movimento-partito che è nato qui. Cosa significa mettere in scena questo Céline pacifista in un luogo simile?
Teardo: È un privilegio. Si sente subito un tipo di energia difficile da spiegare. Questo luogo, drammaticamente, mostra anche le assenze delle istituzioni, che lo rendono necessario.
Germano: Negli spazi sociali di questo tipo, rispetto all’esperienza del teatro tradizionale dove si staccano i biglietti, la differenza è epidermica. Qui lo spettacolo non lo fai al pubblico, qui lo stai facendo insieme.
Poi lo spettacolo
va in scena, in ritardo per l’afflusso massiccio di persone dentro quello che fu il carcere psichiatrico. Alla fine gli applausi durano a lungo. Germano, Teardo, le musiciste Laura Bisceglia, Ambra Chiara Michelangeli, Elena De Stabile e il fonico Francesco Fazzi tornano in camerino, tra folla, selfie e abbracci, per la cena. Ma non è finita, Germano dedica agli attivisti del teatro popolare un’altra oretta a tarda notte per un’assemblea improvvisata.