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Un romanzo di Bret Easton Ellis per i lettori a cui non piacciono i romanzi di Bret Easton Ellis. La definizione è di Bret Easton Ellis stesso e quindi va presa per quello che è, un misto di provocazione, trovata di marketing, sincera verità, come molto di quello che lo riguarda. Uscito ieri in tutto il mondo, The Shards – prima opera narrativa in tredici anni, tanto è il tempo trascorso da Imperial Bedrooms, pubblicato nel 2010 – è un po’ il progetto di tutta la vita, figlio della sua storia ma anche della noia da pandemia.
«Ad aprile 2020 mi sono ritrovato con niente da fare, tutti gli altri miei progetti erano in stallo», ha raccontato al Washington Post. «Chiuso in casa, mi sono messo a guardare su YouTube vecchi video di cose Anni 80 e da lì sono finito a cercare su Facebook i miei compagni di classe. Non sono riuscito a trovarne un paio e la cosa mi ha disturbato. Il giorno dopo ho iniziato a scrivere. Un libro a cui pensavo da 40 anni e che avevo cercato di iniziare a malincuore un paio di volte, si è riversato sulle pagine senza sforzo».
Dopo circa cinque mesi di scrittura, nel settembre 2020, ha iniziato a serializzare il romanzo – una puntata ogni due settimane – sul suo seguitissimo podcast. Ellis dice di non aver pianificato un’opera semi-autobiografica, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ambientato nella Los Angeles del 1981 – la precisione temporale è importante – The Shards ha come protagonista il diciassettenne Bret e il suo gruppo di amici: Thom e Susan, la star del football e la sua fidanzata; la fidanzata di Bret, Debbie, figlia di un produttore cinematografico; il nuovo arrivato Robert Mallory, bellissimo, forse malvagio, sicuramente misterioso. Frequentano tutti la Buckley School (il college privato davvero frequentato da Ellis stesso), ascoltano Bette Davis Eyes di Kim Carnes alla radio, vanno al cinema a vedere Shining, indossano occhiali da sole Wayfarer e scorrazzano per Mulholland Drive. Bret è segretamente gay, è un solitario, ha problemi psichici più o meno evidenti ed è ossessionato da un serial killer che uccide giovani donne e che è forse responsabile – o forse no – dell’uccisione di una sua compagna di classe.
Jordan Pavlin, editore di Ellis, ha affermato che The Shards è un libro «profondamente personale, non perché attinge a eventi della vita reale, ma perché scava il terreno psicologico dei suoi stessi terrori adolescenziali. È come se l’intero romanzo si svolgesse su un nervo scoperto». Ed è proprio questa sincerità, questa nuova vulnerabilità, la cosa più apprezzata dalla stampa che lo ha recensito. «Più emotivamente vero», ha scritto il New York Times, aggiungendo che The Shards è anche il suo romanzo «più sexy, liberato dal punto di vista della dimensione dell’amore, dell’eros e della sensibilità». Il che non significa che Ellis abbia perso la capacità di sorprendere o provocare indignazione. Forse solo che – in modo del tutto umano – invecchiare anche per lui significa addolcire certi tratti, smussare certi angoli, dare priorità ad alcuni aspetti a scapito di altri.
Non è un caso che in più di un’intervista Ellis parli apertamente di nostalgia, un sentimento da cui si è sempre tenuto lontano. «Volevo solo scrivere di alcuni miei compagni di classe e dei miei impulsi di nostalgia un po’ sentimentali per un periodo della mia vita che è stato anche estremamente doloroso e poter finalmente, a 58 anni, guardare indietro a quel ragazzo del 1981, un anno che ha cambiato tutto per me, e scrivere di lui, e delle persone che amo, senza imbarazzo». Diventato una celebrità letteraria nel 1985, a 21 anni, con la pubblicazione di Meno di zero, e con la fama di «principe letterario delle tenebre», cementata nel 1991 con American Psycho, l’Ellis amato e odiato dalla critica, animale da controversia, venditore di se stesso prima ancora che dei suoi libri, superstar da tappeto rosso, amico delle celebrity (su Interview c’è forse la sua intervista più rappresentativa: quella dove a fargli domande sono tutti amici famosi quanto e più di lui, da Tama Janowitz a Paul Schrader a Jay McInerney a Bruce LaBruce a Courtney Love), con The Shards torna a essere quello che ha sempre voluto essere: uno scrittore.
«Ho un’innata capacità di andare in posti che disturbano e infastidiscono», ha detto di recente a Publishers Weekly. «Ciò non mi disturba né mi infastidisce. Mi interessa esplorare quelle cose che alcune persone considerano tabù e altri considerano il normale tessuto della vita. Amo confrontarmi con l’arte. Alcune persone si sentono offese, ma io non sono mai offeso dall’arte».
Con un podcast di successo, in cui parla di temi che vanno dalla morte delle sale cinematografiche a Joan Didion, passando per il successo della serie Euphoria di cui è grande fan, con un altro progetto di un podcast insieme con Irvine Welsh, con una crisi di mezza età superata (e che aveva portato alla pubblicazione del saggio Bianco, nel 2019), oggi Ellis fa meno vita mondana («non posso più bere come prima») e scherza sul fatto che gli piacerebbe «svanire dalla vita pubblica» o almeno fare meno attività stampa. In realtà dice anche di essersi sempre concentrato molto sul lavoro, nonostante la sua fama da «party boy». «Negli Anni 90 gli scrittori erano considerati affascinanti. All’improvviso ti ritrovavi su Mtv e sul red carpet. Era il momento in cui scrivere sembrava sexy. Quando sei giovane vai a molte feste. Anch’io ho organizzato molte di quelle feste. Sì, forse all’epoca c’era troppa cocaina. Ma io avevo un progetto: volevo scrivere più di quanto volessi strafarmi».
Oggi, ancora più di prima, apprezza «l’esercizio solitario della scrittura» ed è orgoglioso di non aver mai dovuto scendere a compromessi con la sua visione. «Quando guardo i titoli che ho scritto, posso dire che volevo scrivere ognuno di quei libri. Nessuno è stato solo un lavoro, solo per soldi. Con The Shards ho scritto esattamente quello che volevo scrivere ed è stato davvero bello. Ora è qui. Vedremo cosa succede».