Il Pd dopo il disastro Fossi chiama Renzi e i 5Stelle ma trova subito veti
31 Maggio 2023News
31 Maggio 2023di Orlando Pacchiani
SIENA
Sono le 16.12 quando Anna Ferretti, scende dal piano superiore del suo comitato, dove è riunito lo stato maggiore del partito. E annuncia quello che qui è già chiaro da un pezzo, da quando i rappresentanti di lista hanno anticipato i dati ufficiali lanciando chiari segnali della débacle in atto. «Siamo indietro di seicento voti», le avevano detto quando ancora mancavano pochi minuti alle quattro. «S’è perso… inizio a mettere a posto», la sua risposta prima di andare a togliere il materiale informativo dalla vetrina. Fuori il diluvio, in quel momento. Dentro facce nerissime, un clima teso e la percezione che anche questa volta la lezione non sia stata compresa a fondo. Si parla poco dei propri errori, si invocano le nefandezze della destra, di Piccini non ne parliamo nemmeno, il Polo Civico poi… persino Letta viene citato sottovoce come una delle potenziali cause della sconfitta. L’idea per esempio di aver sbagliato campagna elettorale, prima demonizzando il Polo Civico, poi provando a radicalizzare lo scontro con Fratelli d’Italia tra primo e secondo turno, non sembra sfiorare il Pd. Attestato su una quota di voti stazionaria: gli 11.508 voti di Anna Ferretti sono di poco sotto agli 11.687 di Bruno Valentini nel 2018 (che al primo turno del 2013 ne avevi presi 11.520, per poi salire a 12.076).Servirebbe capire quanto è profonda la frattura con una città che per la seconda volta ha bocciato il centrosinistra, anche a fronte di una maggioranza arrivata in frantumi al voto. Ma viene suonato un altro spartito, in via Calzoleria. «Il nostro errore? Forse non siamo riusciti a far capire che Nicoletta non è il nuovo che arriva, ma è solo un paravento della destra che c’era e che c’è», il primo attacco di Anna Ferretti. E ancora: «Nicoletta ha parlato così tanto di onestà da far venire il dubbio che l’onestà non ci sia stata per niente. Faremo un’opposizione dura e se non ci sarà consentito di farla ci rivolgeremo alla prefettura».Parole di durezza estrema, che vengono quasi amplificate quando si tocca il tasto dolente e probabilmente decisivo del voto: il rapporto sempre conflittuale con il Polo Civico, dova la presenza di Pierluigi Piccini si è da subito manifestata come l’eterno nemico da sconfiggere per buona parte della classe dirigente del Pd. Rimasugli dei veleni ereditati dalla stagione dei Ds che ancora condizionano scelte e atteggiamenti e magari, alla fine, fanno anche perdere le elezioni. «Il Polo Civico non lo diceva – osserva ora, dopo la sconfitta, Ferretti – ma è sostanzialmente destrorso, certe scelte lo hanno dimostrato».E poi, appunto, Pierluigi Piccini: «Ha un odio profondo per tutto quello che è a sinistra, ha seminato veleno per quanto ha potuto, spero ora abbia finito visto che non sarà in consiglio».Forse, per il Pd senese si aprirà ora una nuova stagione.Il segretario comunale Massimo Roncucci è ai saluti, come aveva ampiamente annunciato con la folgorante battuta «se perdo scappo, se vinco vado via». Avrebbe preferito andarsene da vincitore, in realtà non scappa nemmeno da sconfitto ma è accanto ad Anna Ferretti ad ammettere senza ombra di dubbio il risultato: «La destra ha vinto, la sconfitta è netta e non ammette discussioni – afferma dopo aver ascoltato la sua ormai ex candidata sindaca –, se guardiamo al raffronto col primo turno è chiaro che la maggioranza dei civici non ha fatto una scelta nella nostra direzione».Lo sguardo va già preoccupato al secondo, duro, quinquennio dai banchi dell’opposizione, a tentare di incidere. «Saranno anni difficili – afferma Roncucci – però anche se ha vinto il centrodestra resto convinto che Siena non è una città di destra. Dobbiamo ricostruire rapporti con tanti mondi, accantonando risentimenti e divisioni del passato». Già, il passato che non passa mai. Quello che viene continuamente rinfacciato al Pd.«Forse non è stato abbastanza chiaro che vincendo avremmo portato in Comune un gruppo con tanti giovani e largamente rinnovato – afferma Roncucci –, anche se continuiamo a essere convinti che noi abbiamo ammesso le nostre colpe, altri hanno fatto finta di niente. Ma dovremo capire cosa ancora pesa nei confronti del nostro partito». Di certo intanto Roncucci se ne andrà («era previsto in ogni caso, il partito deciderà tempi e modi»), ma chissà se passata la stizza per un risultato che non si credeva possibile, si recupererà anche una più profonda capacità di analisi. Prima una vittoria per poche centinaia di voti, poi due sconfitte consecutive in una città dove vincere largamente al primo turno era la regola, dovrebbe essere un bilancio sufficiente per non cercare alibi ma ragionare sui propri errori. Come direbbe Julio Velasco: «Lo schiacciatore non parla dell’alzata, la risolve». Ma qui si continua a parlare sempre e solo degli alzatori.