Emilia, Ohad e le altre la gioia dimezzata di chi ne è uscito vivo
25 Novembre 2023Netanyahu ha perso la guerra il 7 ottobre trattare con Hamas è solo l’ultimo errore
25 Novembre 2023in cisgiordania
di Lorenzo Cremonesi
Israele aveva vietato celebrazioni con multe e carcere
GERUSALEMME Bandiere verdi e inni ad Allah accolgono i prigionieri palestinesi appena liberati arrivando nella regione di Ramallah. Proprio quello che Abu Mazen e Israele non volevano: Hamas guadagna punti, si presenta come l’unico gruppo in grado di battere l’occupazione e il «nemico sionista». Una festa con migliaia di giovani: Hamas mira anche alle piazze della Cisgiordania. Nei prossimi giorni dovrebbero essere liberati 150 nel contesto dello scambio con gli ostaggi israeliani. Ma se poi parli con la gente di Ramallah, tanti dicono che cambia ben poco, Israele può tornare a catturare chiunque in ogni momento. Il tono di attesa ben riassume il clima che si respira tra Gerusalemme Est e la Cisgiordania.
Ieri sera Israele ha aperto le sbarre a 39 di loro, 33 andranno nelle loro case in Cisgiordania, 6 a Gerusalemme Est: 24 sono donne e 15 minorenni, il più giovane ha 14 anni ed era stato catturato con l’accusa di avere tirato pietre ai soldati. Tra loro Nehaya Khader Sawan, malata di cancro, che alla Reuters ha detto di essere «esausta» ma «felice» di tornare a casa. Alcune centinaia tra parenti, amici e attivisti li hanno accolti in festa al loro arrivo dalla prigione di Ofer al posto di blocco israeliano di Bitunia verso la zona di Ramallah. C’era anche la nipote di Nehaya: «Al rivedere mia zia ero felice, ma anche addolorata per le sue condizioni di salute peggiorate».
«Non libereremo quelli che hanno le mani sporche di sangue», aveva promesso Netanyahu. Tra i nomi si trovano comunque alcune donne che avevano cercato di accoltellare militari o cittadini israeliani. È il caso della 29enne Rawan Abu Ziadeh, residente nel villaggio di Baytillu, sulle colline vicino a Ramallah, che 9 anni fa aggredì a coltellate alcuni soldati. O della 26enne Walaa Tanji, catturata un anno fa con tre amiche mentre cercavano di uscire dal campo profughi di Balata, fuori Nablus. Nella loro auto furono trovate armi ed esplosivi.
Interesse comune
Sia Gerusalemme che Abu Mazen non vogliono che il rilascio premi i radicali islamici
I commentatori locali rilevano la comunanza d’interessi tra governo israeliano e l’Autorità palestinese guidata da Abu Mazen nel cercare di limitare le manifestazioni di gioia tra la popolazione. «Entrambi sono uniti dalla necessità di non dare visibilità ad Hamas. Per Israele è importante non premiare i radicali islamici. Per Abbas sono pericolosi concorrenti, specie ora che la sua popolarità è in declino, mentre quella di Hamas appare in crescita netta», osserva Mahmud Muna, libraio di Gerusalemme Est.
La polizia israeliana ieri ha allontanato una troupe di Al Jazeera che cercava di intervistare la famiglia di un detenuto liberato. Chi celebra rischia la prigione o 20.000 dollari di multa. Intanto a Ramallah l’«Associazione dei Prigionieri Palestinesi» controllata dal Fatah, in un comunicato ribadisce che «questo non è il momento delle celebrazioni, visto che a Gaza il nostro popolo continua a soffrire». Dal 7 ottobre i palestinesi in carcere sono passati da 5.000 a oltre 7.000.