La Banca si allontana. Ma chi tutela la città?
24 Novembre 2023NEWS
24 Novembre 2023Per il ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, Mps può essere “uno strumento di politica industriale bancaria”. Lo ha ribadito ieri ai giornalisti che gli chiedevano lumi sulla possibilità di ridurre ulteriormente la quota del Mef nel capitale della banca senese, dopo aver collocato presso investitori privati il 25 per cento. E lui: “Adesso, se vedete le condizioni del collocamento, per un po’ non possiamo neanche volendo”. Quindi, niente vendita di una nuova tranche del 10 per cento, come ipotizzato dalla stampa. Poi il ministro aggiunge la fatidica frase, già detta in passato, su Mps come strumento di politica industriale. Ma che cosa vuol dire esattamente e perché ribadire un concetto così statalista dopo avere appena mandato in porto un’operazione di mercato? La politica industriale è di per sé un insieme di misure adottate a livello politico per orientare lo sviluppo di un settore, e già questo può essere problematico in un’economia di mercato, ma qui non si capisce quale sia questo disegno. Perché nel 2018, con il governo Conte, nel contratto con il M5s la Lega voleva fare di Mps il nucleo di una banca pubblica con “obiettivi di servizio”. Fuori, cioè, dalle logiche di mercato. Poi, con il governo Meloni che ha un’impostazione meno statalista, il Mef ha cercato di vendere Mps a Unicredit, rafforzando così il bipolarismo bancario. Poi, fallito questo tentativo, Giorgetti ipotizza l’aggregazione attorno a Mps di un “terzo polo” (formula abbastanza sfortunata) con Banco Bpm o Bper. Anche questa ipotesi non ingrana. Giorgetti ne parlava in questi termini anche lo scorso settembre dichiarando che il governo “non ha bisogno di fare cassa subito”, salvo poi avviare, opportunamente visti gli accordi con l’Unione europea, la cessione del 25 per cento di Mps a fondi internazionali per incassare un miliardo. Se il Mef, senza fare lo stratega sul tavolo del risiko bancario, riuscisse a vendere bene Mps a chiunque voglia comprarsela, beh, sarebbe quella una buona politica industriale. Il resto rischia solo di complicare la privatizzazione.