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1 Giugno 2022i l maxi concerto di vasco rossi
diFulvio Paloscia
Venerdì la rockstar sarà sul palco al Visarno, vicino a dove ( quasi 40 anni fa) suonò alle Cascine: i ricordi di una serata indimenticabile.
Il concerto di venerdì 3 giugno al Visarno non sarà la prima volta di Vasco Rossi alle Cascine. Nel 2023, ricorreranno infatti i 40 anni da un suo live che si svolse giusto dietro l’ippodromo. Al Velodromo, dove il 14 settembre del 1983 approdò la tranche estiva del tour legato aBollicine, l’album diVita spericolata, quello che ha segnato la definitiva consacrazione del cantautore di Zocca.
Il Blasco avevà già suonato ad aprile, al Teatro Tenda, pochi giorni prima dell’uscita del disco, davanti ad un migliaio di fan.Bollicine però rimase ai vertici delle classifiche per tutto il 1983, e questo lo obbligò a un anno sui palchi. «Quando si delineò l’opportunità di riportare Vasco a Firenze nell’estate, mi caddero le braccia. Perché in una città che aveva dichiarato guerra ai concerti all’aperto, non era facile trovare uno spazio che accontentasse un bel numero di fan » ricorda Giorgio Vicini. Ovvero, il primo promoter a far suonare il Blasco a Firenze ( appunto, al Tenda nel 1983, dopo anni di “ circumnavigazione” tra Agliana, Prato, Viareggio, Lido di Camaiore, Pistoia) e organizzatore della data al velodromo. La scelta cadde sull’arena alle Cascine dove aveva suonato il Canzoniere del Lazio con Mauro Pagani e Demetrio Stratos. « Certo, io mi immaginavo qualcosa di simile al Vigorelli di Milano, dove si erano esibiti i Beatles. Non era così, ma non era neanche malaccio » ricorda Vicini pensando alle gradinate e una discreta estensione dell’area. Non fu come nel 1984, quando i biglietti per i concerti del rocker cominciarono a esaurire in poche ore, « comunque il sold out lo registrammo presto. Oggi lo posso dire, infilammo più persone di quanto permettesse la capienza. Allora si faceva così. Per tutta la sera ebbi alle calcagna la polizia municipale, facevo di tutto per schivarli perché temevo la sospensione della serata » sorride il promoter.
Dentro tutto ok. Fuori no. Al termine del concerto c’era una brutta sorpresa ad attendere molti spettatori. Decine e decine di auto, parcheggiate proprio intorno al muro di cinta del velodromo, piene di ammaccature. Tetti piegati, fitte nei cofani, vetri incrinati. Non era stato un raid di teppisti. Pur di vedere Vasco, i fan rimasti senza biglietti, quelli che volevano assistere ai concerti senza tirare fuori una lira ma anche semplici curiosi, erano saliti sopra per sbirciare. «C’era gente appollaiata persino in cima ai pali dei cartelli stradali » ricorda ancora Vicini. Il caos. Roba spericolata.
Il concerto fu molta sostanza e poca forma, «perché allora nei live contava l’anima. I palchi non erano mostruosi come oggi, e il pubblico era a stretto contatto con l’artista » . Dunque, ricorda ancora il promoter, «quattro americane per una sessantina di fari davanti al palco e una sessantina dietro. Niente di più » . Nonostante le storie di sballo che si portava dietro, il cantautore si presentòalle prove «timido, meticoloso e perfezionista, grazie anche all’inseparabile Guido Elmi, suo storico produttore, che aveva capito la voglia del ragazzo di diventare una rockstar, e lo stava allenando per quel futuro». È una leggenda che la star e i musicisti – la Steve Rogers Band, con Massimo Riva e Maurizio Solieri alle chitarre – si siano trattenuti al velodromo fino alle sei: « Lui girava con un camper guidato da un cugino, alle due e mezza se ne andarono. Quante frottole sugli after show “ tossici”…» sostiene Vicini.La scaletta? Venti canzoni, partenza con Colpa d’Alfredo, poi Deviazioni, Fegato spappolato, Ogni volta,
Una canzone per te, Vita spericolata, Siamo solo noi, Silvia, Albachiara in chiusura. Ma anche God save the queen dei Sex Pistols eJohnny B. Goode di Chuck Berry. Della serata siste un bootleg raro e ambito. Tanto per capire come quel concerto sia entrato nel mito.