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31 Gennaio 2024Il critico Bonami: sindaco e ministro sparlano, Hollberg gestisce una casa chiusa
Edoardo Semmola
«Che male c’è a definire Firenze “meretrice”? Se la prendiamo nel senso buono del termine, Firenze lo è».
E quale sarebbe il «senso buono»?
«Parliamo di una città che si è messa a disposizione di un vasto pubblico. Cecilie Hollberg evidentemente ha una visione un po’ elitaria dell’arte, ma dirige un museo per le masse (la Galleria dell’Accademia, ndr ) dove l’arte viene data quotidianamente in pasto al turismo perché così porta vantaggi. Non mi pare un termine tanto terribile».
Da critico d’arte e curatore, cosa ne pensa Francesco Bonami di questa polemica su Firenze asservita al turismo di massa? Ha creato più scalpore la parola «meretrice» del problema in sé.
«Viviamo in un Paese dove un sottosegretario alla cultura augura la morte a chi lo intervista, scandalizzarsi per una signora che usa un termine tutto sommato “classico” come “meretrice” per definire una città che si dà completamente ai turisti, non dovrebbe scandalizzare».
Ci vede dell’ipocrisia?
«Doppia ipocrisia: da una parte si fa di tutto per incrementare la platea dei turisti, dall’altra ci si scandalizza. Ma c’è ipocrisia anche in Hollberg perché, se vogliamo rimanere nella metafora della città meretrice, i direttori di musei cosa sono se non manager che tentano di, o sono costretti a, trasformare il museo in una casa chiusa? Sempre rimanendo nella metafora: nella casa chiusa c’è maggior controllo che in strada, ma il servizio che viene offerto è lo stesso».
Hollberg dice che per Firenze è già tardi.
«Troppo tardi in che senso? Per cambiare la vocazione turistica della città? Sarebbe come pretendere che la Cina sia ancora un Paese chiuso al mondo. Invece i cinesi si spostano e vengono a fare i turisti. Pensare di tornare a un mondo limitato al solo vecchio occidente del secolo scorso non ha senso. Firenze ha il dono e la iattura di essere città d’arte, come Venezia. Oltre che del turismo di massa, di cosa altro potrebbe occuparsi? Un fiorentino ha diritto di lamentarsi, ci mancherebbe, ma è un dato di fatto. E io sono un fiorentino che a Firenze non ci mette più piede da un pezzo».
Parliamo di chi si è scandalizzato. Il sindaco Nardella ha definito l’uscita di Hollberg «grave», la vicesindaca Bettini «delirante», il ministro della Cultura Sangiuliano «valuta provvedimenti», Renzi ha parlato di «frasi vergognose» e ha annunciato un’interrogazione in Senato.
«Sparlano, esagerano. Mi pare si stia facendo un caos immane per un’affermazione alla fine solo un po’ semplicistica se non addirittura anacronistica ma non certo meritevole di tali aggettivazioni».
A criticarla sono coloro che avrebbero dovuto o potuto, o che ancora dovrebbero, fare qualcosa per darle torto non a parole ma nei fatti. Magari agendo anche sulle politiche culturali.
«È vero, ma viviamo in un Paese dove le parole sono le uniche cose rimaste gratis. Quindi parlano invece di fare. Da una parte la direttrice Hollberg tira a scuotere l’attenzione e gli altri rispondono in modo “istituzionale” perché probabilmente stanno già pensando a chi mettere al suo posto. Hanno governato la politica culturale di Firenze a spizzichi e bocconi senza mai fare una programmazione come si deve, più attenta al contemporaneo, che attiri anche un pubblico diverso. È certo che la colpa di questa situazione sia anche loro, non hanno fatto abbastanza»
Se fossimo a un incontro di boxe, con da un lato Hollberg e dall’altro coloro che l’hanno tempestata di critiche, lei in quale angolo si metterebbe?
«Farei l’arbitro. Ed espellerei tutti e due i contendenti. Sia i finti permalosi che si scandalizzano per la parola “meretrice” ma, rimanendo nella metafora, non vogliono o non possono fare una “legge Merlin” della cultura. Sia la direttrice. Perché, se Firenze è una meretrice, lei per anni è stata a capo di una delle principali case chiuse e si lamenta di chi esercita la “libera professione”. È un serpente che si mangia la coda. Se fossero coerenti, gli “scandalizzati” per sbugiardarla avrebbero un solo modo: rimettere il David in piazza della Signoria. Quello vero però, non la copia»
Lei che aggettivo avrebbe usato al posto di Hollberg per definire Firenze?
«Ai miei tempi la città era ricoperta da una leggera patina, adesso è tutta ricoperta di polvere. Avrei detto “polverosa”».
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