Guidare la macchina del Pd è come mettersi alla cloche dell’aereo più pazzo del mondo. Nomine che indispettiscono e soldi che mancano in cassa. Solo nelle ultime 24 ore, Schlein ha dovuto gestire due grane. La prima è la guida della Fondazione Pd. Una sorta di pensatoio, per ora una scatola vuota. Fuori Gianni Cuperlo, che era il presidente scelto da Enrico Letta, dentro Nicola Zingaretti. La mossa era nell’aria e da giovedì sera è diventata ufficiale: la leader ha cambiato il vertice, nominando l’ex segretario ed ex governatore del Lazio al timone. Missione: rafforzare la rete di relazioni europee, far aderire l’organismo del Nazareno alla Foundation for European progressive studies, sigla Feps (ne è stato presidente anche Massimo D’Alema) cioè la fondazione dei partiti che aderiscono al Pse. E Zingaretti è perfetto per il compito, visto che, non è un mistero, potrebbe candidarsi alle Europee fra un anno, come capolista nel Lazio, anche se lui smentisce seccamente: «Gossip giornalistici».
L’avvicendamento è diventato un piccolo caso al Nazareno. Cuperlo non ha voluto commentare, ma chi lo conosce bene racconta che è rimasto stupito, che insomma avrebbe voluto proseguire. Oggi sarà alla convention di Bonaccini e forse parlerà. Nelle chat dem, da sinistra, fra i sostenitori del deputato triestino, da 24 ore circola una battuta maligna, su Zingaretti (e Schlein): «Ma la segretaria ha affidato la Fondazione Pd al leader che si dimise dicendo peste e corna del partito?». «Mi sono dimesso dalla segreteria per salvare il Pd», ha replicato l’interessato ieri in conferenza stampa, accanto alla leader. Va capito poi quale è il progetto della fondazione, istituita proprio da Zingaretti, finora con zero dipendenti e zero budget. Ma può diventare una piccola cassaforte, con portafogli e staff. «Ci serve un luogo dove sviluppare pensiero, un luogo curioso», sostiene Schlein. «Andrò avanti nel lavoro avviato da Cuperlo», promette morbido Zingaretti. Qualcuno però fa trapelare il malumore, come Simona Malpezzi, «molto dispiaciuta per Gianni».
Ma è soprattutto sul progetto della fondazione, cioè quanti soldi e dipendenti assorbirà, che già circolano i veleni. Anche perché il Pd ha presentato un bilancio in cui è prevista una rigida spending review. Nel 2022 c’è stato un avanzo di mezzo milione di euro, ha scritto il nuovo tesoriere, orlandiano, Michele Fina, ma ora serve «una riduzione della spesa significativa», anche perché«per ciò che attiene al tesseramento ci sarà una riduzione considerando l’avvenuta celebrazione del congresso nazionale». Il tesoriere di prima, Walter Verini, aveva calcolato circa 50 esuberi. Su 120 dipendenti (erano 140, poi molti sono stati incentivati ad andare via). Il tempo è poco: fra due mesi, il 30 settembre, scrive Fina, «scadrà la proroga della cassa integrazione ed è intenzione del partito individuare accordi con le parti sociali per gestire l’esubero in modo da garantire un ammortizzatore sociale ovvero uscite incentivate e non traumatiche». Si parla anche di “ricollocazioni”, ma è complicato, in un partito che ha perso tante amministrazioni, molto prima che arrivasse Schlein. Si tenta insomma di fare cassa, anche chiedendo i decreti ingiuntivi – ne sono stati mandati 56 – per i parlamentari morosi, la maggior parte ex, si era già detto di Luca Lotti. Morosi di tanto: un milione e 164.736 euro.