Anna Maria Merlo, PARIGI
La riforma delle pensioni a 64 anni è approvata nella sostanza, mentre la domanda di referendum è respinta. È la sentenza del Consiglio Costituzionale, presieduto dall’ex primo ministro socialista Laurent Fabius.
La decisione dei saggi è una bomba sociale, come benzina per l’Atto II della protesta. Più di 130 manifestazioni erano in corso ieri pomeriggio in tutta la Francia, in attesa del Consiglio Costituzionale. Alla comunicazione della decisione, le piazze sono esplose, con alcuni scontri in serata in varie città e repressione della polizia.
Per il Rip (referendum di iniziativa condivisa, presentato dalla sinistra) resta aperto uno spiraglio: una seconda domanda di referendum è stata presentata giovedì, giuridicamente redatta meglio della prima, il Consiglio Costituzionale ha fatto sapere che la decisione sarà resa nota il 3 maggio prossimo.
«La lotta continua» ha reagito Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise, il Consiglio Costituzionale «mostra che è più attento ai bisogni della monarchia presidenziale che a quelli del popolo sovrano». Mathilde Panot, presidente del gruppo all’Assemblée nationale, aggiunge che si tratta di «un precedente pericoloso». Per Marine Le Pen, «la sorte della riforma non è decisa» e ha promesso che una volta al potere l’abrogherà. Per Fabien Roussel del Pcf è «una sberla», adesso «siamo su un vulcano». Marine Tondelier, segretaria di Europa-Ecologia, parla di «impasse democratica», dopo la sentenza dei saggi «la riforma è legale ma più che mai illegittima». Per Olivier Faure segretario del Partito socialista, è «delusione, ma non resa», la battaglia continua, anche se la seconda domanda di Rip verrà respinta la sinistra pensa a una petizione con raccolta di firme per chiedere un referendum.
La prima ministra, Elisabeth Borne, ha reagito con un tweet: non ci sono «né vincitori né vinti», il testo di legge «arriva alla fine del processo democratico». Eric Ciotti, capo della destra dei Républicain, ha lanciato un appello ad accettare la sentenza. Macron dovrebbe promulgare la legge in tempi brevissimi. La Nupes ha chiesto ufficialmente ieri a Macron di ritirare una legge «cattiva, ingiusta, illegittima». «Uno scandalo, la crisi democratica si intensifica» afferma il sindacato dei liceali.
I SINDACATI, DELUSI dalla sentenza del Consiglio Costituzionale, anche se non avevano illusioni, preparano ora le manifestazioni del primo maggio, che saranno imponenti. Hanno fatto sapere che non andranno a nessuna «riunione» con l’esecutivo prima del giorno della Festa del lavoro e sostengono «azioni e scioperi» decisi localmente nell’immediato. Il rifiuto della pensione a 64 anni resta radicale.
L’intersindacale nel pomeriggio aveva già respinto l’invito di Emmanuel Macron di andare a discutere all’Eliseo, martedì prossimo, per aprire un nuovo ciclo politico. La condizione posta dai sindacati resta la non promulgazione della legge: questa ipotesi è irrealistica, perché il presidente è praticamente obbligato a farlo, anche se c’è ancora la possibilità dell’articolo 10, cioè ripresentare il testo di legge all’Assemblée nationale per una nuova discussione e un voto.
Il Consiglio Costituzionale ha respinto 6 punti del testo, perché non pertinenti alla legge di bilancio della Sécurité sociale, che è stata usata come veicolo per il progetto di riforma delle pensioni: si tratta di questioni a latere – come l’indice senior, cioè l’obbligo per le imprese di pubblicare la percentuale di lavoratori anziani o il contratto senior senza contributi – che erano state usate come uno zuccherino per far digerire la pillola amara della riforma. Questi punti potranno essere ripresi in leggi future, sempre che si apra uno spiraglio per negoziare.
NEL PARERE, IL CONSIGLIO Costituzionale ha comunque sottolineato il «carattere inabituale» dell’utilizzazione di vari articoli della Costituzione per arrivare all’approvazione della riforma: 47.1 per inquadrare nel tempo i dibattiti, 44.3 al Senato per passare con un solo voto, poi 49.3 per evitare il voto sul testo di legge all’Assemblée nationale e passare con la bocciatura della sfiducia.
L’intersindacale (8 organizzazioni) si vedrà lunedì per decidere cosa fare. Ma già ieri, Cgt, Fo, Solidaires si sono ritrovati dopo la manifestazione di fronte all’Hotel de Ville di Parigi, mentre i riformisti, Cfdt in testa, non erano presenti. Si tratta di una prima incrinatura nel fronte sindacale, dopo più di tre mesi di lotte comuni, sfumature diverse di fronte alla decisione del Consiglio Costituzionale, che sancisce la costituzionalità della riforma. Per Sophie Binet della Cgt, «la legge esce ancora più disequilibrata, si può lavorare fino a 64 anni e non ci sono contropartite per l’occupazione dei senior» e aggiunge: «Non si governa un paese contro il popolo, il presidente ritorni alla saggezza».