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ROMA «Prova a chiedere alle nostre mamme che cosa ne pensano… Vedrai che ti risponderanno tutte quante la stessa cosa: no». Giancarlo Giorgetti risponde così da giorni a chi gli chiede lumi su ReArm Europe, il piano di Ursula von der Leyen. E sabato scorso ad Ancona, cardigan beige da pescatore aperto sulla pancia ricondotta a misura a suon di nuotate mattutine, non è stato tenero con l’Unione. Con la Germania, soprattutto. E la posizione è stata puntualmente annotata dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung: «La svolta tedesca sul debito fa infuriare l’Italia». Insomma, qualcosa nel ministro all’Economia forse è cambiato.
Il neo Giorgetti ha pochissimo a che fare, in realtà, con la politica interna. Smentito il litigio con la premier dopo il Consiglio dei ministri dell’altro giorno, da quel punto di vista Giorgetti è tranquillo, la sintonia con la premier non è scalfita. Certo, il «non basta» di Giorgia Meloni sul piano energia da lui laboriosamente messo a punto con il ministro Pichetto, sul momento l’aveva un po’ toccato dentro.
Ma il problema, appunto, è in Europa. La svolta non ha una data, né un visibile giro di boa. Ma anche lì, bisogna chiedere a chi ha parlato con lui negli ultimi giorni: «Dopo due anni e mezzo di Ecofin e Eurogruppo…». Sono altrettante le rughe e le tante discussioni con l’allora ministro tedesco Christian Lindner per il nuovo Patto di stabilità. Con le sue richieste di scomputare alcune spese dal patto che ricevevano l’immancabile risposta: «Il debito è debito». E l’aver avuto ragione, a posteriori e all’improvviso, non gli è di gran conforto. Soprattutto perché ora il debito si può fare per le armi.
E qui probabilmente entra in scena anche il Giorgetti cattolico, convinto e praticante. Con uno scetticismo etico e morale rispetto a un riarmo massiccio che in fondo è un prepararsi in qualche modo alla guerra, come la storia insegna.
Prova a chiedere alle nostre mamme che cosa pensano del ReArm Europe, ti risponde-ranno tutte quante la stessa cosa: no
Ma appunto, a urtare Giorgetti è soprattutto il modo in cui le scelte vengono decise. A chi gli chiedeva del piano di riarmo da 800 miliardi, nei primi giorni il ministro rispondeva secco: «Quale piano? Io ho solo letto un comunicato stampa». Con toni che hanno stupito qualcuno, a partire dagli stessi leghisti. Al punto che quando nei giorni scorsi aveva parlato di piano «frettoloso» a una riunione di partito, aveva suscitato quasi commozione tra i presenti: «Giancarlo è con noi». E appunto, se ai leghisti riuniti ad Ancona Giorgetti dice che «i tedeschi hanno deciso che possono fare quello che vogliono» perché la Germania deve riarmarsi e improvvisamente il debito non è più un problema», Giorgetti parla non soltanto dei tedeschi, che fin qui hanno di fatto scritto le regole, ma di tutta l’Unione.
Il ministro, che ancora ha nelle orecchie tutti i richiami e gli ammonimenti sull’indebitamento italiano da parte degli euro partner — peraltro sottolineato anche ieri dalla Faz — ha fatto partire il suo contro piano che prevede garanzie europee sul coinvolgimento dei capitali privati.
Secondo le previsioni dell’uomo del Mef, si potrebbero attivare almeno 200 miliardi di capitali privati a fronte di garanzie degli stati dell’Unione per circa 16,7 miliardi di euro. Perché se «il debito è debito», se ne assumano una quota anche gli investitori privati che dal riarmo trarrebbero concreto beneficio. Tra l’altro, la riconversione al bellico dell’automotive, sembra questione che non riguardi l’Europa. La Germania sta provvedendo, ma come Stato. La collaborazione e l’integrazione delle industrie nazionali, che sarebbe invece uno dei presupposti della difesa comune, fino a questo momento pare non sia affare di Bruxelles: «Nemmeno ci mettono la testa» dicono al Mef. Insomma, quello che secondo la rivista The Banker è il miglior ministro all’Economia dell’anno, sta cambiando. Forse non è più il più europeista di tutti i leghisti.