QUEI «FATTORI» CHE SEGNALANO LA PRECARIETÀ DEL SISTEMA
7 Settembre 2022Nelle scuole tira una brutta aria. Il pasticcio del governo sulla riapertura sicura
7 Settembre 2022Non si può dire che la Russia in diplomazia lavori di fioretto. Al contrario va puntualmente giù con l’ascia con risultati spesso controproducenti.
La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova è un esempio da manuale: «Il Piano Cingolani è imposto a Roma da Bruxelles su ordine di Washington e alla fine saranno gli italiani a dover soffrire. Roma è spinta al suicidio dalla frenesia sanzionatoria euro-atlantica e le sanzioni sono diventate uno strumento di concorrenza sleale».
Non che la putiniana abbia tutti i torti: le sanzioni avvantaggiano davvero il gas liquido a stelle e strisce, la Polonia con il suo carbone triplicato di prezzo, la Norvegia, la speculazione ad Amsterdam sui futures del gas.
MA IL MODESTISSIMO piano di risparmio Cingolani, davvero quel «grado in meno di riscaldamento» di cui aveva parlato a suo tempo Mario Draghi e poco di più, non è precisamente l’occasione adatta per un attacco che svela così, troppo grossolanamente, le sue tendenziose mire: provare a dividere la Ue facendo leva sul malessere dei suoi abitanti.
Maria Zakharova
Roma è spinta al suicidio dalla frenesia sanzionatoria euro-atlantica, le sanzioni sono diventate strumento di concorrenza sleale
«NON PERDIAMO TEMPO a commentare le dichiarazioni folli delle personalità russe», liquida l’attacco il portavoce della commissione Ue. Il governo italiano preferisce non rispondere ufficialmente ma la valutazione di Draghi e dei ministri coinvolti è che le armi della Russia siano in realtà rese quasi inefficaci dalla rapidità con la quale la dipendenza dal gas di Mosca è scesa dal 40 al 18% del fabbisogno, dai rigassificatori in funzione e dalla possibilità di rendersi completamente indipendenti dalla Russia con l’entrata in funzione dei due nuovi rigassificatori di Piombino e Ravenna, che sono in realtà il perno della strategia di Draghi e di Roberto Cingolani purché entrino in funzione il primo quasi subito e il secondo entro l’anno prossimo.
Il ministro della Transizione ecologica è decisamente ottimista: «L’assenza di gas da Nord Stream è bilanciata e i consumi non ne risentono particolarmente. L’impatto è contenuto e al momento non c’è motivo di variare lo stato d’allarme previsto».
PER IL GOVERNO, insomma, il ruggito di Mosca è in realtà una prova di debolezza. Il problema è che la Russia ha fretta. Sui tavoli di Bruxelles si accumulano “non-papers”, cioè progetti e proposte ancora non ufficiali sul tetto al prezzo del gas, in vista del vertice dei ministri dell’Energia del 9 settembre. Sarà uno snodo importante, forse decisivo, anche se dal vertice non uscirà nessuna decisione sul Price Cap e neppure una proposta definita in tutti i particolari.
Quel compito toccherà sbrigarlo a Ursula von der Leyen, nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 14 settembre. Il palese tentativo russo di dividere l’Unione europea sul punto nevralgico del Price Cap sul gas ha dunque tempi limitati per dispiegarsi.
La Commissione è consapevole di quanto l’esasperazione delle popolazioni europee sia forse il principale punto debole, in tandem con i divergenti interessi dei diversi Paesi dell’Unione. La presidente mette subito le mani avanti: «Il gioco cinico di Putin è per noi un test di unità e solidarietà. Il tetto è indispensabile».
Per compensare le ricadute negative su cui punta la Russia, la presidente pensa a utilizzare parte degli extraprofitti delle società energetiche per sostenere famiglie e imprese, a una «riduzione intelligente» dei consumi di energia elettrica ma anche a politiche europee flessibili che consentano «il sostegno temporaneo degli Stati alle società energetiche fondamentali».
Sono gli elementi sui quali la maggior parte dei Paesi europei già concorda: istituzione di un ente unico europeo incaricato di fissare il prezzo del gas russo, oppure, secondo un’altra opzione, di acquistare il metano russo a prezzo calmierato per l’intera Ue, tassa sugli extraprofitti, disaccoppiamento tra prezzi dell’energia e del gas, creazione di linee di credito per le aziende energetiche.
SUL FRONTE INTERNO il decreto sul caro Bollette dovrebbe essere varato domani, con una copertura di 10 miliardi che però potrebbero lievitare a 13 grazie ai soliti “tesoretti” avanzati da decreti inattuati. Andranno tutti o quasi a sostegno delle aziende, sia con il prolungamento sino a fine anno del credito d’imposta, sia con la cassa integrazione “scontata” per le aziende ad alto consumo di gas ed energie.
Per le famiglie ci sarà molto poco. Quella è una gatta che dovrà pelare il prossimo governo.