Berlino. Domani circa due milioni di tedeschi si recheranno alle urne: elezioni regionali in Brandeburgo. Per la prima volta dopo 34 anni i socialdemocratici non saranno più il primo partito del Land. AfD è avanti di tre punti abbondanti. Il primo settembre l’estrema destra ha vinto in altri due Stati della Germania orientale: Turingia e Sassonia. Alle elezioni europee di giugno l’Spd è stato il terzo partito, superato dai conservatori della Cdu e da AfD. Questa lunga serie di pessimi risultati potrebbe segnare la fine della cancelleria di Olaf Scholz. Le elezioni anticipate sono una possibilità sempre remota in Germania, ma poche volte sono state così evocate da analisti e osservatori. Il sito Politico, che appartiene allo stesso gruppo editoriale di Bild, ha raccolto diverse voci critiche all’interno della coalizione semaforo (socialdemocratici, verdi e liberali) che danno per finita la leadership di Scholz. Potrebbe sostituirlo l’attuale ministro della Difesa, Boris Pistorius. Il governo è impantanato dall’inizio della primavera con l’approvazione della finanziaria. Poco è stato fatto, e in ogni dichiarazione di un ministro si può trovare una minaccia al resto dell’esecutivo. Scholz è a oggi il cancelliere con il gradimento più basso dalla riunificazione. Sul piano internazionale la Germania conta sempre meno, seppur stia spendendo cifre importanti sia per il supporto all’Ucraina che per ristrutturare il proprio esercito. Il cancelliere era convinto di poter persuadere i tedeschi a concedergli un secondo mandato (si vota a settembre 2025) sulla base di importanti segni di ripresa dopo la crisi del gas e la conseguente inflazione del 2022/23. Invece, la più grande manifattura tedesca, l’automotive, vive un crollo tanto grave da spingere la Volkswagen a cancellare il contratto collettivo per 120 mila dipendenti, tutti licenziabili entro metà del prossimo anno. L’alto costo del lavoro e l’aumento del prezzo delle materie prime hanno reso i prodotti tedeschi meno appetibili per l’export. La produzione industriale è in declino continuo da prima della pandemia: -15% rispetto al 2017. Per i tedeschi forse Scholz non è il problema, ma sicuramente non lo ritengono capace di trovare delle soluzioni.
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