«È difficile commentare. Continua a succedere. Ogni giorno», c’è amarezza nella voce del grande velista Giovanni Soldini. Classe 1966, come spesso accade è su una barca in mezzo al mare. Ha da poco saputo dell’ennesimo naufragio nel Mediterraneo: 41 morti che si aggiungono ai 90 del fine settimana scorso. Sempre su quella maledetta rotta tunisina, che miete vittime senza sosta. Nel silenzio. Nell’indifferenza. «Nell’assuefazione», aggiunge Soldini.

Il barchino alla deriva, l’onda che lo ribalta, 41 persone inghiottite dal mare, quattro riescono a salvarsi aggrappandosi a un’altra barca vuota. Cosa le fa pensare la storia di questo naufragio?

Che è assurda. Dovrebbe essere impensabile. Invece accade tutti i giorni. Ormai siamo assuefatti. Ma resta una follia totale. Non bisognerebbe mettersi in mare con mezzi così precari, senza un minimo di protezione. Ma quando le persone sono disperate fanno di tutto. Non si possono fermare per legge. Sarebbe necessario istituire dei corridoi, delle modalità di migrare in modo sicuro.

I superstiti hanno avuto fortuna a trovare una barca vuota in mezzo al mare.

In quel tipo di situazioni, se non sei lì, è difficile sapere come sia andata davvero. Ho letto un po’ di notizie, ho cercato delle informazioni. Mi sembra tutto molto confuso.

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Migranti, novanta morti in tre giorni lungo la rotta tunisinaDa sabato si contano 130 morti tra Tunisia e Lampedusa. Si sapeva che stava arrivando il maltempo e che su quella rotta ci sono tantissimi attraversamenti. In queste circostanze si possono attendere in porto le richieste d’aiuto?

Da molti anni c’è una deriva per cui si spostano in mare problemi che andrebbero risolti a terra. Ma si preferisce far finta di non vedere. Non è accettabile che Stati evoluti e ben organizzati non siano in grado di mantenere le acque che li circondano come dei luoghi sicuri. Come farlo? C’è stata una missione italiana, Mare Nostrum, e poi delle missioni europee che avevano questo obiettivo in maniera chiara. Ma oggi non è chiaro quale obiettivo si vuole ottenere. In qualsiasi caso bisognerebbe ricordarsi che a bordo di quelle barche ci sono tante persone che hanno diritto all’asilo.

Nella zona del naufragio c’era la più grande delle navi di soccorso delle Ong, la Geo Barents. È lunga 77 metri e ha tre ponti. Lunedì ha salvato 47 persone. Il Viminale le ha ordinato di sbarcarle a La Spezia. Le sembra una prassi corretta?

Il tema è lo stesso: c’è una volontà di lasciar fare al mare il lavoro sporco, crudele. Ma in mare la gente è sempre stata soccorsa ed è allucinante che uno Stato arrivi addirittura a mettere i bastoni tra le ruote alle associazioni, alle Ong e a qualsiasi nave che è lì per salvare. È completamente folle, ce ne rendiamo conto?

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Il governo contro le navi delle Ong: otto mesi di bugie e schizofreniaSi è sempre salvato, ma non sappiamo se si salverà per sempre. Tutti questi ostacoli amministrativi, questi cavilli burocratici stanno trasformando la cultura del mare.

È già successo. E non solo in Italia. Oggi i soccorsi sono diventati un problema per ogni armatore, per ogni nave. Anche se arrivi negli Stati uniti ci sono problemi. O in Spagna. Ovunque. È accaduto soprattutto negli ultimi dieci, quindici anni. E non è una bella cosa. Perché il mare è pericoloso, in mare non ti vede nessuno. Succedono tante cose e non hai nessuno.

Lei è stato due volte naufrago nell’oceano e una ha salvato in la navigatrice Isabelle Autissier in mezzo al Pacifico. Quale evento l’ha sorpresa di più?

Tutti e tre. Perché tutti e tre erano inaspettati. Io sono stato salvato negli anni Novanta e poi nel 2005. Già lì si vedeva una differenza. La seconda volta è stato più complicato anche solo sbarcare negli Stati uniti. Questo a testimoniare che chiunque porti a terra un naufrago deve subire mille angherie che gli rendono la vita difficile. Per questo c’è un grosso rischio che la gente ci pensi due volte prima di intervenire. È una deriva generale. Andrà sempre peggio. Soprattutto con quello che sta accadendo, con i cambiamenti climatici. Qualche giorno fa ho letto la storia di queste quattro persone che dalla Nigeria sono finite in Brasile, dopo essere state attaccate al timone per quattordici giorni. Quando sei disperato nulla può fermarti.

A proposito di cambiamenti climatici, il suo trimarano Maserati Multi70 ha dei sistemi di monitoraggio per mapparne gli effetti sul mare. Cosa dicono del Mediterraneo?

Che è messo molto male. Perché è un mare chiuso, poco profondo, poco voluminoso, piccolo e molto abitato. È un “hotspot”, un luogo dove i problemi si vedono prima. Le misurazioni che abbiamo realizzato lo dimostrano chiaramente. In superficie c’è una quantità di Co2 altissima. L’acqua è molto calda. Ormai possiamo rendercene conto semplicemente osservando le temperature folli che raggiunge in estate.