Vox fotografa l’intolleranza online: oltre un milione di casi su X Dopo donne e ebrei colpiti stranieri, musulmani, disabili e gay
IL DOSSIER
di TIZIANA DE GIORGIO
Più di un milione di messaggi d’odio in meno di un anno. Un’onda nera che avvelena la rete. Sempre più alta, dirompente e spietata contro gli ebrei e gli stranieri. Ma soprattutto contro le donne. Bersaglio numero uno di chi insulta attraverso i social, con Roma al primo posto per discorsi omofobi e antisemiti, Milano capitale di quelli xenofobi e misogini, dove a firmarli sono per buona parte donne stesse. È la nuova mappa dell’intolleranza di Vox, l’Osservatorio italiano sui diritti — ideato nove anni fa dalla Statale di Milano, l’università di Bari e la Sapienza di Roma — che fotografa l’odio online, geolocalizzando i luoghi dove si concentra.
Una radiografia realizzata anche con l’IA che mostra come sia sempre più diffuso e polarizzato, dicono gli autori, basata su quasi 2 milioni di post pubblicati su X fra gennaio e novembre 2024: «Un periodo di forti turbolenze segnate dalla guerra in Ucraina e a Gaza, le elezioni americane, dall’insorgere di fenomeni populisti. In cui incertezze e fragilità si sono riverberate nel vissuto quotidiano delle persone». Il 57% della marea di tweet sotto esame ha nutrito e drogato i social di contenuti negativi. Una delle tendenze più rilevanti era attesa: la crescita esponenziale di insulti contro gli ebrei, obiettivo del 27% dei messaggi d’odio. Sono quadruplicati rispetto al 2022, spingendoli al secondo posto fra le sei categorie maggiormente prese di mira, seguiti nell’ordine da stranieri, musulmani, disabili e omosessuali. «Un dato forte, effetto e lunga coda del post 7 ottobre e del conflitto israelo-palestinese», si legge nel dossier anticipato aRepubblica , che verrà presentato oggi con i ricercatori delle università di Milano e Bari, che hanno contribuito a questa edizione. Dalla guerra a Gaza in avanti, però, «c’è un cambiamento semantico nella costruzione dello stereotipo e non viene più odiato l’ebreo in quanto tale — viene sottolineato — ma il “sionista” percepito come aggressore, invasore e genocida».
Nella classifica dell’Italia che odia, islamofobia e xenofobia avanzano. Contro l’Islam il picco più alto in assoluto c’è stato a ridosso del 24 novembre con la morte di Ramy al Corvetto. I tweet contro i migranti sono 124 mila in undici mesi, «a ricordarci che la società in cui viviamo è attraversata da forti pulsioni di rigetto del cosiddetto straniero». Ma le più detestate in assoluto restano le donne, che incassano la metà dei messaggi con insulti feroci. Una media di oltre 51 mila tweet misogini al mese, 1.700 al giorno. Non solo si intensificano, registrando livelli altissimi a ridosso dei femminicidi, veri detonatori. «Ciò che colpisce è il numero esiguo di stereotipi negativi correlati con lo hate speech ». La presenza di una certa cultura patriarcale, almeno sui social, sembra affievolirsi, sostiene l’Osservatorio. Una bella notizia? Macché: l’odio per le donne sarebbe ormai così profondo da non avere più bisogno degli stereotipi femminili più classici che le vogliono inadatte per certi lavori o ruoli, oppure troppo emotive, insicure, isteriche. «Si è trasformato in odio puro, specialmente nell’intersezione fra categorie: l’intolleranza verso la donna straniera o ebrea è ancora più violenta. E in generale l’odio misogino oggi ha a che fare con la marginalizzazione, la discriminazione, l’esercizio del potere». A parlare è Silvia Brena: insieme a Marilisa D’Amico, prorettrice della Statale, ha fondato Vox, che dopo le regole restrittive di Elon Musk sui dati di X si è appoggiata all’agenzia “The Fool”, che li ha estratti pro bono sbloccando uno stop alla ricerca forzato.
Altro aspetto interessante, gli autori: fra chi scrive messaggi misogini cattivissimi, fanno notare, spuntano parecchie donne. Per metà degli odiatori non si può risalire al genere. Quelli verificati sono per il 60 per cento uomini, la maggioranza. Ma nel 40% dei casi la firma è di sesso opposto. Se da un lato l’aggressività al femminile, anche fisica, sta aumentando, come ci dicono le baby gang, dall’altro «vediamo questo fenomeno anche nelle questioni politiche o all’interno delle organizzazioni lavorative, donne che non solidarizzano con le altre donne — dice D’Amico — . Un altro aspetto della cultura patriarcale perché la sorellanza spezza il monopolio maschile ». Geograficamente, le regioni da cui parte il grosso dei messaggi d’odio sono Lombardia e Lazio. E su circa 33.400 tweet, campionati con l’intelligenza artificiale, quasi il 20% arrivano da Milano, altrettanti da Roma, seguite dal 6,3% di insulti diluiti in rete da Napoli e dal 4,5 da Torino.