Il ministro Gennaro Sangiuliano spera che, con l’intervista di ieri, le lacrime, gli estratti conto sventolati a favore di telecamera, la storia sua e di Maria Rosaria Boccia si possa archiviare così. Un dolorosofeuilleton estivo. Non sarà così.
Perché già a partire da oggi si aprirà un altro capitolo, molto più delicato. In mattinata arriverà sulle scrivanie della procura di Roma un esposto per peculato a firma del deputato di Avs, Angelo Bonelli, lo stesso che con una sua denuncia ha dato il via all’inchiesta sul sottosegretario Andrea Delmastro, oggi a processo. Bonelli chiede che venga accertato se «l’uso improprio di mezzi e servizi dello Stato potrebbe configurare il reato di peculato». Se, cioè, «la dottoressa Boccia abbia utilizzato mezzi e servizi dello Stato». Di più: come lo stesso Sangiuliano ha ammesso ieri, Boccia ha registrato diverse conversazioni anche private con il ministro e i suoi collaboratori. Cosa contengono questi audio? «Non sono ricattabile» ha detto lui, immediatamente chiosato da lei su Instagram come a dire che le cose non stanno esattamente così. E come, allora? A Repubblica risulta che gli audio esistono e sono molti.
Boccia aveva l’abitudine di registrare le conversazioni con il cellulare e in alcuni casi usava anche gli occhiali con la telecamera (l’ha ammesso anche lei ieri, sostenendo che non è illegale e che così fan tutti…). Così come tanti sono i messaggi che Sangiuliano e Boccia si sono scambiati. Nei whatsapp ci sono per lo più «cuoricini». Il problema sono le registrazioni. Ci sono i video: la Boccia utilizzava anche gli occhiali con la telecamera nascosta. E in alcuni il ministro si lascerebbe andare a valutazioni di tipo personale su alcuni colleghi di governo (circostanza normale, vista la natura del rapporto che lo legava a Boccia) e anche sulla presidente del Consiglio, su sua sorella Arianna e su alcuni membri dello staff del ministero. «Non credo sia lecito utilizzare eventuali conversazioni private», ha detto Sangiuliano, non a caso, durante l’intervista. Ed è proprio il tema della «ricattabilità» che terrà banco nelle prossime ore. Boccia rivendica il «suo essere una persona per bene». «Non ricatterei mai nessuno. Io ho solo raccontato la verità», ha detto. E il ministro ha giurato ancora ieri di non essere ricattabile, facendo riferimento alle spese. Ma la questione è più ampia. È politica. E inevitabilmentenon riguarda soltanto lui ma tira in ballo direttamente la presidente del Consiglio e i suoi più stretti collaboratori.
Cosa ha detto Sangiuliano alla Boccia? Cosa le ha confidato inqueste settimane di frequentazione? Sono stati raccontati dettagli per esempio su alcune scelte e nomine che il ministro ha fatto negli ultimi mesi? Ieri, per esempio, il deputato di Italia Viva, Francesco Bonifazi, ha chiesto: «A proposito di amichettismo, qualcuno potrebbe farci capire con quale criterio sono state fatte le nomine nella società Ales, che è il braccio operativo del ministero della cultura?
Sangiuliano vuole chiarire? O forse direttamente Meloni?». Il rischio sullo sfondo è quello di uno stillicidio alla vigilia del g7 per quello che già è diventato una figuraccia internazionale.
Fin qui la politica. Perché poi c’è anche la cronaca.
Sangiuliano e il Governo hanno posizionato la loro linea d’ombra sul: «Non è mai stato un euro pubblico». Ma c’è qualche problema anche su questa posizione. È vero che i biglietti li ha pagati il ministro ma esistono due tipi di problemi: Boccia veniva ospitata da festival, per lo più finanziati con fondi pubblici, in qualità di membro dello staff del ministro. Quando invece non lo era. Le veniva assicurato il vitto e l’alloggio. È legittimo?
Risulta inoltre che in più occasioni la dottoressa Boccia abbia viaggiato con la macchina della scorta senza averne alcun titolo. C’è poi il tema sicurezza: Sangiuliano dice che i documenti che sono stati condivisi con Boccia, ma in realtà anche con lui, non erano classificati come riservati. E questo è vero. Ma è altrettanto vero che almeno a un sopralluogo Boccia c’era (tanto che il suo nome è all’interno dei report della Questura) e resta il tema che è entrata in possesso di atti che invece dovevano restare dentro un perimetro molto stretto.
«Il direttore di Pompei probabilmente non ha inteso bene», ha detto Sangiuliano «e ha condiviso anche con lei quella mail». Forse aveva inteso troppo bene.