Quando le potenze autocratiche si alleano contro l’Occidente
14 Settembre 2023Gratteri e la fu sinistra
14 Settembre 2023APPREZZAMENTO TRASVERSALE DAI PARTITI. NEL 2014 RENZI LO VOLEVA MINISTRO
Il plenum del Csm si divide sulla nomina: 19 voti per lui, 8 per Volpe e 5 per Amato. Il magistrato lascia la Calabria dopo 30 anni di inchieste sulla ‘ndrangheta e l’arresto di 140 latitanti. Dal dibattito a Palazzo dei Marescialli emersi «l’indiscusso valore» e l’esperienza, ma anche dubbi sui suoi metodi
Nicola Gratteri è il nuovo procuratore capo di Napoli. Il plenum del Consiglio superiore della magistratura lo ha nominato ieri a maggioranza: 19 i voti a favore di Gratteri, tra cui quello del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli; 5 le preferenze per Giuseppe Amato, procuratore capo di Bologna; 8 per Rosa Volpe, procuratore aggiunto a Napoli (negli ultimi mesi facente funzioni). A favore del magistrato calabrese hanno votato anche il procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, i consiglieri laici di centrodestra, il laico di riferimento di Italia viva Ernesto Carbone, i consiglieri di Magistratura Indipendente, l’indipendente Andrea Mirenda e il togato di Unicost Antonino Laganà (mentre il resto del
suo gruppo ha sostenuto Amato). Per il capo della procura bolognese si sono espressi anche la presidente della Cassazione Margherita Cassano e il consigliere indipendente Roberto Fontana. Su Volpe invece sono confluiti il gruppo di Area, Mimma Miele (Magistratura democratica) e il laico di area Pd Roberto Romboli.
Nel corso del dibattito che ha preceduto il voto non non sono mancate critiche al modo di Gratteri di interpretare il ruolo di procuratore e al modo in cui intende operare alla procura di Napoli, illustrato in occasione della sua audizione al Csm. La delibera del Csm però evidenzia il profilo di un magistrato con un’esperienza «alta e profonda» nel contrasto alla criminalità organizzata. E se ne mette in luce «l’indiscusso valore», «l’assoluto rilievo dell’esperienza professionale maturata», il prestigio «di cui gode negli ambienti giudiziari e forensi, l’impegno e la passione spesi in modo costante nel lavoro giudiziario». Ancora, «l’esercizio ultratrentennale di funzioni inquirenti e requirenti nella materia del contrasto alla criminalità organizzata», secondo il Csm, « palesa l’esistenza di una conoscenza vastissima e profonda dei fenomeni criminali e degli strumenti investigativi più efficaci ». Un impegno, quello di Gratteri, che negli anni ha portato alla cattura di circa 140 latitanti, diversi dei quali inseriti nella lista dei 30 più pericolosi. Nicola Gratteri lascia così la Calabria dopo oltre 30 anni in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta, fino a ieri era procuratore capo
di Catanzaro. Nel suo curriculum numerose e rilevanti indagini, tra cui spiccano quella sulla strage di Duisburg del 2007 e la maxi-inchiesta, in anni più recenti, denominata “Rinascita Scott”. Ora la sfida di guidare l’ufficio inquirente più grande d’Italia. Nel 2014, alla nascita del governo Renzi, era dato quasi per assodato che Gratteri avrebbe assunto il compito di ministro della Giustizia. Il passaggio dalla procura (allora quella di Reggio Calabria) al dicastero non si concretizzò per le perplessità dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Non è un caso che ieri proprio Matteo Renzi sia stato tra i primi a congratularsi, ricordando quanto accaduto quasi 10 anni fa. Ma gran parte del mondo politico, dal M5s al Pd, da Fdi a Fi, ha espresso apprezzamento per la decisione del Csm.