ilario lombardo
In questi mesi, Francesco Lollobrigida si è visto spesso a Montecitorio, mai così tanto da quando lo scorso ottobre è stato nominato ministro dell’Agricoltura. Un caffè in buvette, una chiacchierata sui divanetti, un capannello in cortile. Non è nostalgia delle infinite giornate buttate nelle vasche del Transatlantico, ma è la prova che la nomina di sua moglie Arianna Meloni a capo della segretaria politica di Fratelli d’Italia è stata meditata ed è il frutto di un attento e insistito monitoraggio dei gruppi parlamentari.
Per capire cosa sta succedendo dentro il partito creato undici anni fa da Giorgia Meloni bisogna partire proprio dalla Camera. Salire al sesto piano e osservare la fila di deputati che attendono di parlare con Arianna, nella stanza che da fine giugno si è ritagliata vicino all’ufficio parlamentare della sorella premier. Il partito è diventato più grande, le anime si sono moltiplicate, gli appetiti pure. C’è una naturale evoluzione delle correnti, e un altrettanto fisiologica complessità territoriale da dover gestire. Il clan Meloni teme di perdere la presa su FdI proprio nell’anno che porterà alle Europee. E così la famiglia prova a stringere ancora di più il controllo sul partito.
C’è un nome che in queste ore ricorre nelle ricostruzioni velenose dei vertici di FdI. Dicono che Giovanni Donzelli stia provando ad allargare la sua influenza sui gruppi parlamentari. Il deputato è il responsabile nazionale del partito. Un ruolo che gli ha dato un potere enorme, finché non è arrivata Arianna a gestire tessere, liste elettorali, soldi. Donzelli non lo vive come un ridimensionamento e smentisce chi vuole descriverlo come un antagonista di Lollobrigida: «Sfido chiunque a sostenere che non andiamo d’accordissimo». Ma sa benissimo che sono queste le voci messe in circolo dalle fonti parlamentari e di governo del partito. Fonti che non provengono solo dall’ala sconfitta, quella del vicepresidente Fabio Rampelli, l’anima dei Gabbiani di Colle Oppio, il volto della destra romana che ha plasmato le origini della premier, colui che ancora si sente il padre politico tradito dalle sorelle Meloni.
Di sicuro c’è che Donzelli pensa di non aver avuto la giusta gratificazione. È l’unico dei fedelissimi della leader rimasto fuori dal governo. E Lollobrigida, ex capogruppo nella scorsa legislatura, gli ha preferito come suo successore alla Camera il più mite Tommaso Foti. A Giorgia Meloni hanno sussurrato delle ambizioni di Donzelli, di una truppa di parlamentari – soprattutto toscani – che si sta strutturando attorno a lui, e che avrebbero messo Foti nel mirino.
Ma controllare gruppi di deputati e senatori vuol dire anche controllare i territori, dove il partito in crescita ha imbarcato cacicchi, transfughi, rastrellatori di voti. Il conflitto interno per un posto in lista, in vista della grande battaglia proporzionale per le Europee, è la logica conseguenza. Una faida che è già in atto in Puglia, come in Friuli o altrove. Per Meloni, tutto questo può solo complicare la vita del governo, rendere più difficile la convivenza nella maggioranza e dunque il lavoro sulla manovra economica, da cui dipenderà molto della credibilità che FdI dovrà mettere sul tavolo della campagna elettorale.
Il partito-famiglia serve a evitare che si formino quelle correnti che intossicarono Alleanza Nazionale. Meloni è ossessionata dal rapporto di fiducia con i suoi. Non vuole dibattiti sulla leadership, o sul congresso che da tempo chiedono gli uomini di Rampelli per ridiscutere la linea di un partito nato nella destra sociale e che la premier sogna di trasformare in una forza conservatrice molto più larga negli orizzonti europei e globali. Meloni non vuole soprattutto che nell’autunno più difficile della sua vita, quando dovrà dare seguito alle sue promesse sul lavoro, mentre ancora non ha trovato una soluzione sul caro benzina, la maggioranza finisca impantanata in beghe locali di partito.
Quella è l’aria e la presidente del Consiglio ne è preoccupata. Aver piazzato Arianna al vertice e il fidatissimo sottosegretario Giovanbattista Fazzolari al coordinamento della comunicazione tra governo e gruppi parlamentari, serve per vigilare su ogni spiffero che non sia perfettamente sincronizzato con la linea decisa di giorno in giorno a Palazzo Chigi. E che proprio Fazzolari, che ha già la delega all’attuazione del programma, detterà a chi si occuperà di avere a che fare con la stampa in una sorta di ufficio propaganda che riporterà direttamente alla premier.