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di Samuele Finetti
Un tribunale blocca per un mese la revoca dei visti agli studenti internazionali.
La Casa Bianca: «La giudice è andata oltre il suo ruolo»
Un altro giudice boccia Donald Trump. Questa volta, per il suo tentativo di intralciare le carriere degli studenti stranieri che intendono iscriversi ad Harvard e di quelli che già ne frequentano i corsi.
Ieri, al termine di un’udienza durata poco più di mezz’ora, la giudice federale di Boston Allison D. Burroughs ha prorogato per altri trenta giorni lo «stop», già deciso la scorsa settimana, al divieto imposto dall’amministrazione Trump all’ateneo circa l’iscrizione di matricole non statunitensi. Accolta, dunque, la richiesta di Harvard, che venerdì ha fatto causa al dipartimento per la Sicurezza interna. Giovedì il dipartimento aveva revocato, con effetto immediato, la licenza che consente all’università di accettare le iscrizioni di studenti internazionali. Il dipartimento, guidato da Kristi Noem aveva giustificato la decisione sostenendo che Harvard non aveva soddisfatto le richieste — avanzate in aprile — di fornire informazioni relative agli iscritti stranieri, compresi i loro registri disciplinari.
L’ateneo ha dunque deciso di fare causa al governo, accusato di non aver rispettato le procedure legali che permettono di escludere un’università dalla lista di quelle cui è permesso accettare iscrizioni da studenti non americani. E ha aggiunto che la revoca di questo diritto è in contrasto con la Costituzione, oltre a dimostrare come l’amministrazione Trump stia di fatto conducendo una battaglia del tutto politica contro l’università più ricca e più antica d’America, nata 140 anni prima degli Stati Uniti.
Ieri la Casa Bianca, a poche ore dall’udienza, ha deciso di concedere altri trenta giorni ad Harvard per rispondere alle richieste della Sicurezza interna. Ma la giudice Burroughs ha comunque scelto di emettere l’ingiunzione, esprimendo preoccupazione per il ritardo, o in altri casi la revoca, dei visti per studenti. In un documento depositato in tribunale, un funzionario dell’ufficio immigrazione dell’ateneo ha scritto che centinaia di studenti stranieri hanno chiesto di essere trasferiti, e che molti iscritti statunitensi hanno fatto lo stesso perché convinti che, senza colleghi di altri Paesi, la loro esperienza universitaria non sarebbe la stessa.
Lo scorso anno, Harvard ha accolto quasi 6.800 studenti stranieri, il 27% di tutti i nuovi immatricolati. Trump ha detto che le iscrizioni dall’estero non dovrebbero superare il 15%.
Mentre gli avvocati parlavano in tribunale, ad Harvard novemila studenti e i loro familiari hanno partecipato alla cerimonia di consegna delle lauree. Dal palco, il presidente dell’università Alan Garber ha implicitamente criticato gli attacchi legali e verbali di Donald Trump e della sua amministrazione: «Voi studenti venite da qui vicino, da ogni parte del Paese e da tutto il mondo. Ed è proprio così che dovrebbe essere». Dopo di lui ha parlato anche Kareem Abdul-Jabbar, leggenda della Nba, che ha lodato Garber per «avere respinto le pressioni illegali di un’amministrazione tirannica, proprio come Rosa Parks sfidò nel 1955 il peso del razzismo».
La portavoce di Trump, invece, ha contestato la decisione legale: «La giudice è andata oltre il suo ruolo. Vuole essere presidente? Si candidi».
L’ateneo di Cambridge, Massachusetts, e la Casa Bianca si stanno sfidando in tribunale anche sui fondi pubblici riconosciuti all’università: l’amministrazione, che accusa Harvard di promuovere politiche progressiste, di fomentare l’antisemitismo e di avere legami con il Partito comunista cinese (mai provati), ha infatti bloccato 3 miliardi di dollari destinati alla ricerca.