In un’intercettazione la prova dell’estraneità del sindaco di Bari tirato in ballo da un pentito per un patto pre-elettorale ritenuto infondato. I boss sul centrodestra: danno un sacco di soldi
BARI — Il sindaco di Bari Antonio Decaro non è mai sceso a patti con la criminalità organizzata per farsi eleggere. Lui lo ha sempre sostenuto ma oggi lo raccontano anche due diversi atti giudiziari: un’intercettazione del febbraio 2019, in cui due esponenti del più potente clan della città impegnati a decidere quali candidati sostenere alle elezioni amministrative dicevano «Decaro non da niente… Quegli altri danno un sacco di soldi» (riferendosi al centrodestra) e l’archiviazione dell’inchiesta in cui lo stesso primo cittadino era indagato, dopo che un pentito lo aveva tirato in ballo per un presunto accordo pre-elettorale con il fratello di un boss. Fatti che fanno il paio con la partecipazione attiva del Comune guidato dal presidente dell’Anci ai processi antimafia e che hanno indotto il procuratore di Bari, Roberto Rossi, a specificare per ben due volte che l’amministrazione comunale ha dato sostegno alla lotta alla criminalità organizzata. Tale attività è documentata in un dossier di 23 fascicoli che Decaro ha consegnato al prefetto di Bari Francesco Russo, in vista dell’arrivo della Commissione d’accesso antimafia, nominata dal ministero dell’Interno per valutare se l’azione amministrativa del Comune sia stata influenzata dalla mafia e decretarne eventualmente lo scioglimento.
Gli accertamenti sono stati disposti dopo che l’inchiesta “Codice interno” ha portato all’arresto della consigliera comunale Maria Carmen Lorusso per voto di scambio politico-mafioso (eletta nel centrodestra e poi passata in maggioranza) e la nomina di un amministratore giudiziario per l’Amtab, la municipalizzata del trasporto pubblico in cui il clan Parisi avrebbe imposto assunzioni che si sono tradotte nel reato di estorsione a carico di un dirigente. Proprio sull’Amtab è stato recentemente aperto un ulteriore fascicolo d’inchiesta, dopo che l’amministratore Luca D’Amore ha consegnato la sua prima relazione sull’azienda. Quanto la società dei trasporti sia stata infiltrata è presto per dirlo, di certo c’è che in tre anni di indagini la polizia non ha scoperto illeciti da contestare a esponenti comunali del centrosinistra. E che i presunti contatti tra l’attuale sindaco e il fratello del boss Savino Parisi, Massimo («era impegnato nella campagna elettorale di Decaro — ha raccontato un collaboratore di giustizia — Al loro incontro partecipai anche io, nei pressi di un bar di Torre a mare»), non hanno trovato riscontro, al punto che la Procura ha ritenuto «infondato» il fatto e chiesto l’archiviazione della indagine.
Quella su Mary Lorusso, invece, è andata molto più a fondo con lascoperta di un sistema messo in piedi nel 2019 dal marito Giacomo Olivieri per comprare voti dai clan. Sistema che all’epoca non agevolò il centrosinistra, raccontano gli atti d’indagine. In un’intercettazione di aprile, per esempio, Olivieri spiegava alla sua referente su due quartieri ad alta densità mafiosa che «sta cambiando la ruota, il vento ora è centrodestra». E, forte di tale convinzione, aveva fatto candidare la moglie a sostegno del candidato sindaco di quella coalizione Pasquale Di Rella. Per sostenerne la corsa elettorale sarebbero state truccate anche le Primarie di centrodestra del febbraio 2019, come raccontava Tommaso Lovreglio (nipote del boss Parisi) presente nell’hotel in cui si svolgevano le consultazioni: «A quello cinque- seimila euro gli ho levato». E, a seguire, le elezioni di maggio, in cui i voti sarebbero stati comprati a 25 euro dai referenti di almeno tre clan. In alcuni casi gli elettori sarebbero stati pagati con buoni della spesa e buoni carburante dai portatori di voti ingaggiati da Olivieri.
Il sistema, in ogni caso, si basavasu uno scambio che al politico fruttava la preferenza e al cittadino quella che i pm definiscono «utilità ». A questo do ut des sarebbe stato estraneo il sindaco Decaro, per ammissione dei mafiosi stessi. In una conversazione intercettata il 19 febbraio 2019, era un certo Michele De Tullio del clan Parisi a spiegare a Tommaso Lovreglio perché aveva deciso di appoggiare la moglie di Olivieri: «Decaro non da niente… A me non me ne frega… Decaro, Di Rella, sono tutti una chiavica…. Ma a quell’altro i soldi non gli mancano».