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21 Marzo 2025Partire ad aprile? Troppo presto, anche perché gli 800 miliardi di euro per il piano di riarmo dell’Europa sono virtuali. E i governi europei non intendono per ora chiederli a prestito dalla Commissione Europea, nemmeno con la promessa di restituirli dopo 45 anni. E non hanno ancora trovano un modo per fare nuovo debito pubblico e spremere i cittadini con tagli e tasse in un’economia di guerra. In fondo l’austerità impedisce agli Stati di oliare i nuovi cannoni. È questa la contraddizione che ha rallentato ieri il passo di carica con i quali i capi di stato e di governo dell’Eurozona sono arrivati a Bruxelles.
AL TAVOLO dove si sono seduti è stato servito un piatto condito con toni apocalittici e la melassa dei veti contrapposti. C’è una ragione di fondo per cui non piace il piano di riarmo europeo preparato in fretta dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Sono in pochi a trovare convincente l’idea di appoggiare il progetto di rilancio della Germania, l’unica forse ad essere capace oggi di applicare le regole del «ReArm Europe». Lo potrà fare grazie al blitz che ha cambiato la Costituzione. Dazi di Trump permettendo, Berlino prevede mille miliardi in più di debito pubblico in armi, infrastrutture e un contentino per il War Green Deal per i Verdi locali. Su queste basi ora sta facendo pressing affinché anche gli altri governi facciano lo stesso.
SI PARLA molto dello scorporo delle spese militari dal calcolo del debito pubblico previsto dal piano Ue di riarmo. C’è però un problema. Gli stessi Meloni e Giorgetti, che hanno sostenuto la proposta, si sono accorti che il debito comunque si paga e gli interessi aumentano. Chi lo farà per i 650 miliardi previsti da Bruxelles? Meloni tra un diversivo su Ventotene e un altro, sostiene che starà agli Stati decidere se e come aumentare il Pil. Sta prendendo tempo. Trump e la Nato vogliono una spesa militare al 3-5% del Pil e non aspetteranno a lungo.
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L’economia di guerra la pagano i cittadini con i tagli al Welfare e più tasse
IL PROBLEMA esiste a tutti i livelli. Ieri è stata rigettata il piano da 40 miliardi per le armi all’Ucraina. Lo ha presentato Kaja Kallas, l’ineffabile commissaria agli esteri e vicepresidente della Commissione Ue. Solo l’Italia avrebbe dovuto pagare tantissimo in base al suo reddito nazionale. Come nel caso dei fondi di coesione per le aree più povere del continente che si vogliono dirottare per il dazio sulle armi, ora si parla di «contributi volontari». Kallas ha dovuto ripiegare su un «piano realistico» da 5 miliardi. Insomma per fare la guerra, bisogna trovare i soldi. All’Ucraina ieri 26 Stati Ue, tranne l’Ungheria di Orban, hanno comunque rinnovato un «sostegno incrollabile».
POLITICAMENTE impresentabile, economicamente senza fondamento, l’orwelliano piano von der Leyen che prepara la guerra per garantire la pace avrebbe una soluzione: gli «Eurobond» o «Bond per la difesa». Quelli auspicati anche dal governo Meloni. Ieri c’è stato lo scontro tra il governo greco e quello olandese. «Non diciamo No al piano di riarmo, ma siamo contrari agli Eurobond» ha detto il premier olandese, Dick Schoof. Il premier greco Mitsotakis ha invece detto che «l’Ue deve essere «più ambiziosa: penso che dobbiamo discutere seriamente la possibilità di uno strumento di prestito congiunto che offra anche sovvenzioni agli Stati membri», vale a dire un «debito comune» di cui i prestiti da 150 miliardi di euro previsti dal piano «Safe» sono «un primo passo». È il consueto conflitto tra la Germania, l’Olanda, la Finlandia e altri satelliti e paesi come l’Italia o la Grecia che hanno debiti pubblici che non permettono di staccare assegni ai militari. Si raschia il barile. E anche ipotesi disperate come l’uso del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) per scopi militari è stata rigettata.
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UN’IPOTESI di soluzione al problema è arrivata ieri da un documento del Partito popolare europeo, perno sia della Commissione Ue che del prossimo governo tedesco guidato da Friedrich Merz. Si riconosce la necessità di adottare «strumenti di debito comuni», «purché siano chiaramente mirati a rafforzare la difesa europea, in particolare nelle aree dove la minaccia è attualmente più grave», cioè nei paesi baltici al confine con la Russia. È il riconoscimento che qualcosa in più che dare aria alla sola Germania può essere fatto. Anche i socialisti europei sono d’accordo.
UN SEGNALE di incoraggiamento è stato dato al governo italiano sulla proposta delle garanzie europee «InvestUe». Servirebbe a convogliare i «capitali privati» sul riarmo. Un’idea che rinvia alla creazione di un «Unione dei risparmi e degli investimenti» ripresa dall’Eurosummit e sollecitata dalla presidente della Bce Christine Lagarde che parla di «euro digitale».
SE NE RIPARLERÀ fino a giugno, con il rischio di perdere l’urgenza usata per imporre l’impensabile. Al prossimo vertice Nato, e nel corso delle trattative urticanti sul nuovo bilancio pluriennale dell’Ue, molti saranno i nodi. A cominciare dalla necessità di ripagare il debito sul Pnrr varato al tempo del Covid.