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4 Luglio 2024Labour & the City
4 Luglio 2024di Massimo Gaggi
Prima i tentativi della Casa Bianca di minimizzare la catastrofe del dibattito con Trump, una settimana fa ad Atlanta. Poi il sostegno della famiglia che l’ha invitato ad andare avanti e l’appoggio, di facciata, dei leader democratici, da Obama a Clinton, consapevoli della difficoltà di far cambiare idea a un Joe Biden non solo ostinato: si è sempre sentito sottovalutato dal suo partito e ha qualche motivo di risentimento nei confronti delle famiglie dei suoi predecessori.
Sono stati giorni terribili per il presidente, ma anche per il suo partito, quelli successivi al duello davanti alle telecamere della Cnn, tra sondaggi nazionali apparentemente non troppo peggiorati e rilevazioni disastrose negli Stati in bilico, quelli essenziali per la rielezione di Biden. E col moltiplicarsi delle voci (anonime) che dalla Casa Bianca descrivevano un leader che nell’ultimo anno ha dato segni crescenti di deterioramento delle capacità cognitive, ma che ha sempre trattato malissimo chi provava ad accennare a quei segnali di senilità.
Col risultato di spingere i suoi consiglieri a presentargli, nei rapporti quotidiani, una versione edulcorata della realtà mentre il gruppo dei personaggi più ascoltati dal presidente si è sempre più ristretto: alla fine solo la moglie, la sorella, il figlio Hunter e i consiglieri che hanno scelto il ruolo di fedelissimi.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, dando la sensazione che anche un Biden riposato ha perso il senso della misura delle cose, l’ha distillata lui stesso martedì sera quando, durante un fundraising a McLean, in Virginia, il presidente ha sfoderato un’altra giustificazione che sa di autogol: «Lo so, non sono stato brillante durante il dibattito, anzi per poco non mi addormentavo sul palcoscenico. Ma è colpa dei viaggi faticosi che ho fatto prima: due volte in giro per il mondo (l’80esimo anniversario dello sbarco in Normandia e il G7 in Italia, più una missione elettorale a Los Angeles, ndr ). Mi avevano messo in guardia, ma li ho fatti ugualmente: non è stata una scelta felice. Ho fatto troppa politica estera».
Solo che Biden ha completato il suo tour de force 11 giorni prima del dibattito. Da allora ne ha spesi due di riposo assoluto e poi è andato in ritiro per una settimana nel ranch di Camp David per prepararsi al confronto con Trump. Stressato da sessioni troppo intense? Il New York Times scrive che l’«allenamento» non è mai cominciato prima delle 11 del mattino e non è durato molto perché Biden non ha mai rinunciato a un sonnellino dopo pranzo.
Insomma, un ennesimo tentativo di giustificare il suo fallimento che si è ritorto contro di lui (ottimo materiale propagandistico per i media trumpiani). Da qui la furia dei governatori e dei parlamentari democratici che temono una débâcle che potrebbe andare ben oltre la Casa Bianca: dagli ultimi sondaggi sembra emergere che dei 7 Stati in bilico da lui conquistati nel 2000, Biden ha già praticamente perso Georgia, Arizona e Nevada (9-10 punti di scarto da Trump), ma ora è molto indietro anche in due Stati decisivi come Pennsylvania e Wisconsin, mentre, secondo alcune rilevazioni, anche Stati fin qui considerati sicuri per i democratici (Virginia, Nuovo Messico, Minnesota, Maine, New Hampshire) ora tornerebbero in bilico. Non va meglio a livello nazionale: secondo l’ultimo sondaggio del Times , insegue Trump con 6 punti di distacco (49 a 43).
E allora, dopo giorni in cui i parlamentari democratici hanno espresso anonimamente il loro allarme, ecco la richiesta di un confronto che il presidente ha avuto in queste ore con i governatori degli Stati a guida democratica e coi leader della sinistra di Camera e Senato: formale sostegno al presidente ma, a porte, chiuse anche un monito sulla responsabilità storica che si porterà nella tomba se per la sua ostinazione i democratici consegneranno a Trump non solo la Casa Bianca ma anche il controllo del Congresso.
E, poi, il gelo coi finanziatori dei progressisti. Non avendo incarichi politici si è espresso con brutale franchezza, dal palco dell’Aspen Ideas Festival, Ari Emanuel, capo di Endeavor, grande agenzia di comunicazione, fratello di Rahm (fu capo di gabinetto di Obama alla Casa Bianca, oggi è ambasciatore in Giappone), ma anche frenetico organizzatore di fundraising per il partito democratico, che avverte: molti di quelli che conosco aiuteranno solo i candidati di Camera e Senato. Duro con Biden: «Aveva promesso di essere un presidente di un solo mandato. Poi ha cambiato rotta: una stupidaggine inaccettabile, per usare un termine, malarkey , caro al presidente».