Per le coincidenze che rendono la politica interessante, Elly Schlein è diventata segretaria del Pd nella stessa settimana in cui i movimenti per il clima tornano in piazza per uno sciopero globale. Per l’ambientalismo italiano, questo non è un venerdì di protesta come gli altri: il climate strike è stato convocato come sempre per la «giustizia climatica», solo che non è più solo uno slogan di piazza, è la stessa espressione con la quale Schlein ha aperto le 32 pagine della mozione con cui ha scalato al partito.
Almeno a livello linguistico, oggi partito democratico e Fridays for Future hanno la stessa linea politica. Non faranno opposizione insieme, da entrambi i lati è chiaro che un partito è un partito e un movimento è un movimento, però l’apertura di credito è reale, forte e inedita.
IL CANALE SI È APERTO
Schlein aveva incontrato una delegazione di Fridays for Future un mese fa, in piena campagna per le primarie. Come spiega Marco Modugno, appena riconfermato portavoce nazionale: «Abbiamo trovato una conoscenza della crisi climatica e delle sue sfaccettature per nulla scontata, purtroppo, in ambito politico». Prima del voto sono arrivati anche endorsement sui social, tra cui quello del torinese Giorgio Brizio, uno dei volti più in vista del movimento. Tanti giovani ambientalisti che non avevano votato Pd alle elezioni confermano di aver speso i due euro di prassi per spingere Schlein alla vittoria. Il canale si è aperto, il punto è cosa succederà in quel canale.
Dice Ester Barel, altra neo portavoce di Fridays for Future: «Una cosa è Elly Schlein, riconosciamo che parla il nostro linguaggio e per noi è un altro mondo rispetto a Bonaccini, in politica non tutto è uguale ed è giusto riconoscerlo, ma un’altra cosa è il Pd».
Il punto politico è: fiducia in Schlein, che in alcuni casi è quasi entusiasmo, cautela sulla sua capacità di riformare il partito. «Da ambientalisti ci saremmo aspettati che in questi anni proponesse una contronarrazione rispetto all’idea di transizione ecologica come bagno di sangue, ma sono sempre stati subalterni, incapaci di una visione nuova».
Si fidano di lei, insomma, «ma il Pd rimane il Pd», come ribadisce Marco Modugno, «infatti aveva perso tra gli iscritti e ha vinto solo grazie alle persone venute da fuori. È un segnale importante, bisogna solo capire se il partito saprà coglierlo, una cosa è cambiare la segreteria, un’altra è cambiare la cultura del partito».
Il compito di Schlein in questa prima fase sarà tradurre un’idea nobile e astratta come «giustizia climatica e sociale» in una serie di proposte intorno alle quali ricostruire il Pd, per portarlo verso quel potenziale elettorato giovane ed ecologista a lungo ignorato e che il 25 settembre sembrava definitivamente perso.
Lo spazio politico esiste: secondo un sondaggio Wwf con EMG, il 77 per cento degli under 34 italiani è preoccupato dalla crisi climatica, il 58 per cento vede già un impatto al presente sulla propria vita e sei su 10 sono scontenti di questo governo.
Un partito che sappia parlare a queste paure è un partito con un futuro. In quest’ottica è utile leggere le rivendicazioni dello sciopero per il clima, in particolare quella per un trasporto pubblico accessibile (c’è stato un laborioso dibattito interno a Fridays sulla scelta linguistica, «accessibile» ha vinto su «gratuito»).
Il Pd di Schlein è all’opposizione ma amministra diverse città, ed è dall’approccio al trasporto locale che si può iniziare a costruire un’alleanza che vada oltre il fatto di vedere gli stessi problemi e parlare la stessa lingua. Come dice Giacomo Zattini, altro portavoce (sono in tutto otto), «il trasporto pubblico è una lente perfetta per leggere la diseguaglianza che c’è in Italia, tra nord e sud, tra centro e periferia, tra classi sociali. Migliorarlo, renderlo più accessibile ed economico è una risposta ecologica ed economica ai bisogni delle persone».
QUALE RAPPORTO CON ENI?
Anche gli attivisti di Ultima generazione, il più radicale dei movimenti italiani, hanno letto la mozione Schlein, ritrovandosi in vari punti. La loro campagna, che si intensificherà con la primavera, si chiama “Non paghiamo il fossile”, e trova una convergenza con una delle idee politiche oggi al centro del Pd, l’abolizione degli oltre 40 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi erogati ogni anno.
Carlotta Muston, portavoce di Ultima generazione, dice che se c’è un canale per costruire opposizione insieme al governo Meloni, in parlamento e nelle piazze, deve partire da lì, dalla scelta di campo che il Pd non è ancora mai riuscito a fare, quella sui combustibili fossili.
Non è un cammino facile per Schlein: la giustizia climatica con cui prova a rimontare nel campo ecologista le impone di prendere posizione su una una serie di temi complessi per il Pd, in alcuni casi rischiando di smentire posizioni già prese, progetti energetici su vasta scala come l’acquisto di nuovi rigassificatori o gli impianti di cattura della CO2 al largo della regione di cui è stata vicepresidente, per arrivare alla rinegoziazione generale del rapporto tra partito e l’Eni. «È da questo che gli ambientalisti giudicheranno la posizione del Pd», conclude Ester Barel, «Che rapporto avrà con Eni e il greenwashing di stato». La linea di credito è aperta, una specie di luna di miele è in corso, ma non è detto che duri a lungo.