Noi siamo il presente
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1 Maggio 2023Editoriale
Verità sul lavoro che c’è e c’è da fare
I NOMI AMARI DELLA FESTA
A chi parla e cosa dice questo Primo Maggio? Vorremmo che parlasse anzitutto al figlio di Luana D’Orazio, stritolata dall’orditoio due anni fa, e ai genitori di Giuliano de Seta, morto sotto una trave mentre svolgeva l’alternanza scuola lavoro. Ci piacerebbe che questa Festa del lavoro giurasse loro che nessun altro dovrà sopportare lo stesso lancinante dolore. Che certo, le fatalità possono accadere, ma noi tutti – imprenditori, lavoratori, controllori abbiamo messo in atto ogni possibile misura di prevenzione, anziché disattivarle per aumentare la produzione. Ci piacerebbe che si riaffermasse con i fatti che la vita di chi lavora rappresenta davvero la priorità assoluta; che la produttività e il profitto sono sempre subordinati alla salute dei lavoratori.
Dovrebbe essere scontato. E invece questo Primo Maggio, in cui già contiamo oltre 300 vittime dall’inizio dell’anno, lo reclama ancora oggi alle nostre coscienze. Vorremmo che il Primo Maggio parlasse anche ad Ahmed, immigrato irregolare, che gira in bici sfidando il traffico e la pioggia per portare a casa nostra una pizza calda. Usa l’account di un altro migrante, lui regolare, che gli fa il “favore” di chiedergli solo il 30% del già magro guadagno. Ed è solo grazie alle inchieste della magistratura se non lo taglieggiano più le stesse piattaforme di lavoro, come accadeva a Milano. Lui e le migliaia di persone che lavorano nei campi, nella logistica, dove perfino i colossi internazionali a partecipazione pubblica sfruttano i lavoratori con le false cooperative, dovrebbero davvero poter festeggiare. Sentendosi finalmente lavoratori regolari, riconosciuti e soprattutto rispettati nella loro dignità.
Vorremmo che questo Primo Maggio parlasse anche a Pino e a Maria che si danno da fare, tra edilizia e imprese di pulizie, ma per quanto lavorino, restano sempre sul filo della povertà. Ci piacerebbe che lunedì sentissero vere, concrete le parole che sono scritte all’articolo 36 della Costituzione di cui ci facciamo giustamente vanto: «Il lavoratore ha diritto a una retribuzione… in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa». Vorremo che non dovessero più vergognarsi davanti ai figli perché i soldi a fine mese finiscono e ai ragazzi si riesce a dare solo il pane e mai anche le rose. Vorremmo soprattutto che la Festa del Lavoro quest’anno ridesse speranza e fiducia nel futuro ai giovani come Giovanna e Luca che hanno studiato, si sono impegnati, ma in Italia si sentono stretti tra studi professionali che li spremono pagandoli col contagocce, false partite Iva e prospettive precarie. Tanto che a una famiglia e a dei figli manco ci pensano, perché hanno fissa l’idea che non potranno permetterseli, quasi fossero beni di lusso a loro preclusi.
Il Concertone a Roma terrà certamente allegri questi ragazzi; le manifestazioni sindacali forse saranno ancora in grado di scaldare il cuore dei lavoratori, facendoli sentire meno soli. Ma il timore è che tutto ciò serva a ben poco, che anche questa Festa del lavoro deluderà le attese che ci animano e ci angosciano allo stesso tempo. Con un Consiglio dei ministri – simbolicamente e strumentalmente convocato per il Primo Maggio – che vorrebbe rilanciare le opportunità di lavoro e “arricchire” i lavoratori col taglio del cuneo fiscale. E rischia invece di ribadire l’idea che si amplia
solo la precarietà, con contratti a termine più estesi, e si impoveriscono ulteriormente i disoccupati, con i tagli netti al Reddito di cittadinanza. Continuando a dare la colpa ai poveri perché sono poveri e ad accusare i giovani di non aver voglia di lavorare in bar e ristoranti. Gli stessi in cui gli ispettori hanno riscontrato irregolarità nel 76% delle imprese controllate, trovando oltre un terzo dei lavoratori in nero.
Vorremmo che questo Primo Maggio parlasse davvero a tutti e dicesse la verità.
Che una Festa del lavoro è davvero tale solo se si accresce il grado di libertà e di dignità delle persone, l’inclusione e la valorizzazione dell’apporto dei lavoratori, se si accompagna con strumenti solidali chi non ce la fa. Ecco cosa vorremmo sentirci dire domani, cosa speriamo davvero per il Primo Maggio, perché continuiamo ostinatamente a festeggiarlo.