L’uscita dei cinque componenti eletti nella lista del dicastero, guidato da Giancarlo Giorgetti, lascerà lo spazio ai due soci di minoranza di Siena, Delfin e Gruppo Caltagirone, per «entrare nella cabina di regia» dell’istituto di Rocca Salimbeni. Il successivo 27 dicembre il cda ha cooptato i nuovi consiglieri Alessandro Caltagirone ed Elena De Simone, su indicazione del gruppo Caltagirone, Barbara Tadolini, espressa da Delfin, Francesca Renzulli e Marcella Panucci, su indicazione di Anima.
L’avvicendamento è uno degli atti preparatori della scalata a Mediobanca attraverso la loro crescente partecipazione in Siena. Un’operazione che, decisa dal board guidato da Luigi Lovaglio, a gennaio prende corpo con il voto determinante dei sette consiglieri espressione del Mef e dei nuovi cinque consiglieri nell’approvare il lancio dell’ops volontaria verso Piazzetta Cuccia. Un piano di cui, per ammissione alla Consob dello stesso amministratore delegato di Mps, il ministero dell’Economia era stato informato.
La diversità di versioni fornite dai consiglieri, che erano indicati nella lista presentata dal Tesoro il 27 marzo 2023, portalo scorso luglio la Consob a chiedere un chiarimento direttamente a via XX Settembre. La posizione del ministero è affidata, con risposta scritta, al direttore generale Stefano Soro che nega di aver avuto alcun ruolo nella scelta operata dai consiglieri. «Si precisa – dichiara il dirigente del Tesoro – che non vi è stata alcuna interlocuzione tra il Mef e i detti consiglieri dimissionari con il fine di sollecitarne o stimolarne le dimissioni ; le loro dimissioni non sono state richieste o imposte dal Mef». Ieri, in difesa del numero uno del Tesoro, è intervenuto il vicepremier Antonio Tajani: «Attaccare il ministro Giorgetti è fuori di luogo, noi lo difendiamo perché ribadiamo che si è sempre comportato correttamente».
Dopo i primi acquisti con l’Abb del 13 novembre 2024, con il quale il ministero mette sul mercato un 15% detenuto in Mps, Delfin e Caltagirone aumentano la loro partecipazione. Alla vigilia dell’assemblea del 17 aprile, con all’ordine del giorno l’approvazione dell’aumento di capitale per lanciare l’Ops su Mediobanca, i due soci, accusati dai pm di Milano di essersi mossi sul mercato in un concerto occulto che ha alterato il prezzo delle azioni, sfiorano il 20% del capitale di Rocca Salimbeni.
«L’incremento della partecipazione – annotano gli inquirenti – è facilmente leggibile nel senso di mantenere invariato il peso dei due soci dopo l’approvazione dell’Ops e di sterilizzare la diluizione delle loro percentuali, conseguente al necessario aumento di capitale».
All’assemblea non tutti gli azionisti sono allineati con il cda e alcuni manifestano la loro perplessità sulla genesi dell’operazione: «È certo, dottor Lovaglio – domanda Sergio Burrini – che l’Ops sia nell’interesse di tutti gli azionisti di Mps e della banca stessa o risponda principalmente all’interesse e alle strategie dei due principali azionisti privati?». Nella sua risposta Lovaglio rivendica la paternità della scelta: «L’operazione – l’ho detto pubblicamente, e ho documentazione che mi supporta – l’ho presentata per la prima volta nel dicembre 2022 al ministro Giorgetti. Era la prima volta che ci incontravamo». L’indomani l’ad di Mps, intercettato al telefono con Caltagirone, dà un versione diversa: «Il vero ingegnere è stato lei, io ho eseguito solo l’incarico». Tra le intercettazioni emerse sul ruolo giocato dal Tesoro c’è anche quella tra il direttore generale delle Partecipazioni del Mef, Stefano Di Stefano e il vice direttore generale della Cdp. Al telefono Di Stefano osserva che «Mediobanca sta facendo di tutto per salvare il posto al suo ad di fronte all’operazione con Mps. Dobbiamo tenerne conto perché è un approccio molto anti-governativo».







