While My Guitar Gently Weeps
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di Franco Camarlinghi
Qualche giorno fa chi scrive si era lasciato andare a una facile previsione sullo snocciolamento progressivo dei candidati per il dopo Nardella da parte dei democratici fiorentini. Per il centrodestra era supponibile si potesse confermare l’abitudine di arrivare al candidato quasi a corsa iniziata. La previsione su questo secondo punto è sembrata contraddirsi (ma solo per una manciata di minuti) di fronte a una sortita tanto divertente quanto priva di senso: Batistuta futuro sindaco di Firenze. Siamo tornati, poi, alla conta dei candidati proposti da questa o quella parte del Pd, da questo o quell’altro notabile o, infine, da sé stessi o sé stesse in prima persona. Eccoci, dunque, dopo l’apparizione di Sara Funaro, all’endorsement (per chi è contrario agli anglicismi: dichiarazione d’appoggio o cose simili) di Eugenio Giani a Monia Monni, testimoniato da la Repubblica di ieri. Si trattava, a quanto si è letto, di un discorso a tavola, ma niente a che fare con uno di quelli di Lutero. Si parva licet componere magnis, tutto si può dire di Giani meno che sia mai sembrato eretico rispetto a chiunque fosse il suo temporaneo leader. Pare che Monia Monni possa rappresentare una soluzione ben vista da Elly Schlein e quindi foriera di possibili vantaggi per la riconferma alla guida della Toscana del presidente in scadenza il prossimo 2025. Inoltre, l’attuale assessore all’ambiente della Regione sarebbe portatrice di un buon rapporto con Matteo Renzi e quindi…
Quindi, sembrerebbe di capire che, secondo Giani, si potrebbero prendere due piccioni con una fava, se non fosse che, allo stato dell’arte, la segretaria del Pd a tutto parrebbe interessata meno che a un abbraccio con Renzi, mentre di fatto guarda con desiderio la sponda occupata da un Conte-principe di quel che resta del nostrano populismo. La verità è che in queste prime avvisaglie della sfida in vista della prossima primavera, due cose non tornano per quanto riguarda il Pd. Prima cosa: tutto sembra risolversi in un discorso interno alla nomenclatura locale. Seconda cosa: si presentano le facce, ma le scelte di politica nazionale e soprattutto quelle per il governo di Firenze sembrano del tutto secondarie, ovvero assenti. Mettiamo, a naso, che i fiorentini che conoscono Monia Monni non siano legioni, come potranno capire il senso della proposta del suo sponsor? Vorranno sapere se è una riformista o una radicale, ma soprattutto cosa ha in testa per contrastare il disagio che percorre la città e come prefiguri e voglia intervenire per impedirne il declino sociale, economico e culturale. Che lo ammetta o no si trova di fronte a una prima, determinante questione: mettere in discussione la gestione del decennio di Dario Nardella, o affermarne invece la continuità. È evidente che rispondere a tale interrogativo in un modo o nell’altro porta come conseguenza scelte drasticamente diverse, ma è quello che i cittadini vogliono sapere e che ovviamente non riguarda solo Monni o chi per lei. Per capirsi: le rendite delle regioni rosse non sono più un’abitudine e anche se i candidati del Pd non troveranno sulla scheda un Batistuta come avversario, non è escluso che ne possano incrociare uno ancora più pericoloso: l’elettore.
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