Ultima chance per evitare il peggio
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13 Agosto 2024Il Capo di stato maggiore ucraino Syrskyi, mente dell’operazione: il generale odiato che fa del silenzio l’arma preferita
di Lorenzo Cremonesi
Sarà per i suoi profondi legami con la Russia, il passato da ufficiale dell’Armata rossa, i genitori e un fratello che risiedono ancora a Mosca. E sarà anche per la sua nomea di «macellaio» di soldati nella battaglia di Bakhmut l’anno scorso, quando non esitava a ordinare ai suoi uomini di resistere a ogni costo davanti alla soverchiante avanzata nemica. Sta di fatto che, quando, l’8 febbraio 2024, il presidente Zelensky nominò il 59enne generale Oleksandr Syrskyi Capo di stato maggiore dell’esercito ucraino, per diverso tempo questi divenne una delle figure più detestate del Paese. Lo accusavano di essere un mezzo agente di Putin, un ufficiale di stampo sovietico cinico e distaccato, ma soprattutto di essersi piegato ai maneggi di Zelensky che volle licenziare l’amatissimo generale Valerii Zaluzhnyi che era stato il Capo di stato maggiore «eroe», salvatore della patria, al momento dell’invasione russa nel febbraio 2022. Ancora oggi opinione pubblica e commentatori ritengono in grande maggioranza che il presidente abbia voluto liberarsi di un temibile concorrente, troppo popolare (oggi Zaluzhnyi è ambasciatore a Londra), che era ormai potenzialmente in grado di sconfiggerlo non appena si terranno le prossime elezioni.
Eppure, tutta questa attenzione agli intrighi di palazzo a Kiev ha fatto in verità dimenticare i meriti e il valore militare di Syrskyi. Noi stessi, raccogliendo le testimonianze di centinaia di soldati dai campi di battaglia alle retrovie in questi 30 mesi di guerra, su di lui abbiamo trovato pareri molto discordanti: parole di sprezzo, persino paura, ma anche rispetto e plauso. Oggi va a lui gran parte del merito dell’offensiva di Kursk. A lui la segretezza, la capacità di cogliere i russi impreparati, la forza di utilizzare al meglio le poche risorse a disposizione e il coraggio, forse l’azzardo, il rischio, di metterle a repentaglio mentre i russi premono nel Donbass. Ieri ha annunciato dopo sette giorni di battaglia che gli ucraini controllano circa 1.000 chilometri quadrati di territorio russo e a lui andrà adesso il compito di difenderli.
A ben vedere però, queste qualità c’erano anche prima e sono cresciute con l’esperienza. Figlio di una dinastia di ufficiali dell’esercito russo, a 15 anni entra nell’accademia militare di Mosca, serve in Afghanistan, Tajikistan, Cecoslovacchia. Nel 1993, dopo la dissoluzione dell’Urss, entra tra i quadri dirigenti delle nuove forze armate ucraine, collabora con gli eserciti europei, nel 2013 è al quartier generale della Nato a Bruxelles. Ma, soprattutto, un anno dopo combatte contro l’invasione russa del Donbass. Guida la difficile battaglia di Debaltsevo, si distingue a Donetsk, dove Putin invia battaglioni di buriati e ceceni travestiti da «volontari». Non va dimenticato che Zaluzhnyi lo vuole al suo fianco quando Putin lancia l’invasione del 24 febbraio 2022. All’inizio combattono assieme per la difesa di Kiev. Entrambi applicano al meglio le dottrine Nato: utilizzano piccole unità mobili, agili, veloci, indipendenti contro le lente e obsolete colonne di tank russi. È la stessa strategia che adesso ha utilizzato per vincere a Kursk. In particolare, Syrskyi si guadagna la medaglia di «eroe dell’Ucraina» per la strepitosa difesa e poi vittoria di Kharkiv e dintorni nell’autunno 2022. Allora, come oggi a Kursk, impone la totale segretezza. Non parla, non rilascia comunicati, i suoi soldati avanzano e lui impone il silenzio. Ieri ha parlato per la prima volta e sono state parole di vittoria. Forse sta finalmente cancellando le ombre di sei mesi fa.