Non è un caso che Gianfranco Pannone nel corso della sua trentennale attività abbia girato un solo film di fiction. È un documentarista per vocazione, ha il documentario nel suo dna. Il napoletano Pannone, uno dei migliori autori italiani di documentari della sua generazione, ha realizzato documentari lunghi e brevi (Piccola America, L’America a Roma, Latina/Littoria, Il sol dell’avvenire, Sul vulcano, L’esercito più piccolo del mondo, Lascia stare i santi, Mondo Za, Scherza con i fanti, Onde radicali), con i quali ha ottenuto diversi riconoscimenti nazionali ed europei. Ha sempre affrontato le tematiche più diverse con il piglio della denuncia ma al tempo stesso con la sensibilità e l’intento di raccontare gli aspetti umani di una comunità, di entrare nelle dinamiche dei rapporti tra gli individui.

Via Argine 310, presentato in anteprima alla 17a edizione della Festa del Cinema di Roma per poi essere distribuito dalla fine di novembre in varie città italiane partendo proprio da Napoli, conferma le caratteristiche espressive e stilistiche dell’autore.

Un documentario che segue, lungo dodici mesi la vicenda degli ex lavoratori Whirlpool di Napoli – Ponticelli, conclusasi pochi mesi fa con il licenziamento di 316 operai dopo la brusca chiusura del sito. Tre anni prima quegli stessi operai avevano tenacemente dato vita al presidio «Whirlpool – Napoli non molla» tuttora esistente, nell’ex dopolavoro, in quella Via Argine, indirizzo storico, che per decenni ha ospitato lo stabilimento della multinazionale americana della lavatrice.

Speranze, paure, desideri e tanta rabbia si distribuiscono lungo il film grazie alle testimonianze di alcuni degli operai mobilitati da ben tre anni segnati da un susseguirsi di incontri tra i rappresentanti del Governo, del Ministero, dei sindacati, dei vertici dell’azienda americana e degli amministratori italiani, di contraddittorie dichiarazioni di investimenti, di accordi siglati e poi non rispettati, di smentite, di capovolgimenti di posizioni, di minacce di licenziamenti. Le loro sono storie in bilico tra la legittima paura di perdere il posto fisso e le preoccupazioni per i propri figli nella città dove più che altrove la precarietà è un dato reale.

A storicizzare questa grave incertezza lavorativa alcuni brani tratti dal romanzo La dismissione di Ermano Rea, letti da Alessandro Siani che era appena un ragazzo, quando suo padre, operaio specializzato all’Alfasud di Pomigliano, subì per lungo tempo la cassa integrazione. Siani voce fuori campo ma anche presente a un incontro degli operai per testimoniare la sua solidarietà e la condivisione di una condizione che riguardava anche lui.

Via Argine 310, prodotto da Bartleby Film in collaborazione con Rai Cinema e in collaborazione con l’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, si fregia anche delle musiche di Daniele Sepe e la fotografia Tarek Ben Abdallah.

«Attraverso lo specchio di Napoli, città di cui pochi conoscono la storia industriale, il film racconta anche la crisi della centralità operaia nell’immaginario della società italiana e nell’orizzonte strategico delle forze politiche. – dice Pannone – Ho voluto mettermi al servizio di questa vicenda drammatica, stando dalla parte di chi ha lottato più di tre anni per mantenere il proprio posto di lavoro. Così facendo, ben lontano dall’idea di muovermi a tesi, ecco la decisione di fare un piccolo passo indietro sul piano stilistico, pensando a qualcosa di più vicino al cinema diretto. In questo modo lo spettatore può meglio identificarsi con gli ex operai della Whirlpool. Le vicende di Massimiliano, Carmen, Desirée, Salvatore… le sentiamo vicine perché dicono che chiunque di noi, nell’incertezza sociale ed economica di questo frangente storico, potrebbe perdere qualunque garanzia di sostentamento. Io stesso, malgrado sia consapevole della necessità di rivedere certe politiche industriali ormai vecchie, sento vicino l’orgoglio proletario, grazie al nonno paterno, ex operaio all’Italsider di Bagnoli, che mi raccontava storie di passione e di riscatto sociale in una città del Sud dalle mille contraddizioni».