Otto mesi dopo, lo scenario è sempre lo stesso. Divisi quando avevano la possibilità di nominare il presidente della Repubblica, i partiti del centrodestra litigano, nonostante la vittoria elettorale, per chi dovranno essere i prossimi presidenti di Camera e Senato. Mercoledì nel suo quartier generale a Montecitorio, insieme al fedelissimo Giovanbattista Fazzolari, Giorgia Meloni ha ricevuto sia i colleghi di partito sia Matteo Salvini, che continua a sponsorizzare il suo candidato per la guida di palazzo Madama: Roberto Calderoli.
Poi la leader di Fratelli d’Italia e quello della Lega si sono avvicendati a villa Grande per incontrare, separatamente, Silvio Berlusconi. Meloni ha scelto di evitare un vertice a tre. E questa scelta dà l’esatta dimensione della tensione nel centrodestra ma anche della sindrome da accerchiamento che sta vivendo la premier in pectore.
La giornata si è conclusa con un niente di fatto: tutto è stato aggiornato a giovedì. L’equilibrio non è facile da trovare perché le presidenze di Camera e Senato sono i primi posti da assegnare e, a cascata, determinano una serie di effetti: palazzo Madama, seconda carica dello stato, secondo il manuale Cencelli aggiornato alla seconda Repubblica, ha lo stesso valore di due ministeri. Dunque, se andasse a Fratelli d’Italia con Ignazio La Russa, la Lega dovrebbe essere risarcita adeguatamente. Altrettanto andrebbe fatto con Forza Italia, che ha compiuto volontariamente un passo indietro per capitalizzarlo poi nella formazione del governo.
LO SCONTRO
Salvini però è deciso a imporre il suo candidato, a maggior ragione dopo il no di Meloni per un suo bis al Viminale. Montecitorio viene di conseguenza: in corsa ci sono Fabio Rampelli di FdI oppure a un leghista tra Riccardo Molinari, su cui però pende un processo per falso nelle liste elettorali che inizierà il 24 novembre, Nicola Molteni e Giancarlo Giorgetti.
Una soluzione va trovata e l’obiettivo è evitare la figuraccia di una prima tornata di schede bianche. «C’è tempo, non troppo ma ce n’è», ha commentato Giorgetti, che in giornata ha avuto un incontro con Salvini, per confrontarsi su «alcuni dossier», si legge nella nota accompagnata da una fotografia dei due, sorridenti, che ha l’obiettivo di allontanare le voci sui loro pessimi rapporti. In un primo momento si era anche parlato dell’intenzione di Salvini di demansionare il ministro uscente.
Ma ora il suo nome compare sia nella corsa per le presidenze delle camere, sia per il ministero dell’Economia. Il leader della Lega non è disposto a farsi imporre possibili ministri da Meloni. Per questo avrebbe detto alla premier in pectore che l’eventuale scelta di Giorgetti non sarebbe in “quota Lega”. La sensazione è che l’esito dello scontro per il Senato detterà il passo delle fasi successive: se Meloni cede la tensione potrebbe allentarsi, altrimenti la settimana di consultazioni (quelle effettive, dopo l’incarico del Quirinale) sarà più complicata del previsto.
Nonostante le parole di Salvini, che in serata ha detto che «tutto si risolverà» e «il governo nascerà presto», nel centrodestra la spaccatura è sempre più profonda. Meloni, ossessionata dal non far filtrare notizie e in ansia per possibili passi falsi, intende esercitare diritto di veto su tutti i ministeri di peso. Sarebbe disposta a cedere sugli altri assegnandone alcuni a scatola chiusa al duo Berlusconi-Salvini, perché se li spartiscano.
Una gesto di fiducia che gli alleati considerano comunque insufficiente. Per questo, entrambi i partiti hanno reso noto i loro desiderata: Economia, Interno, Infrastrutture e Autonomia per la Lega; Sviluppo economico, Sanità, Istruzione, Turismo e Giustizia per Forza Italia.