Cy Twombly, the Content Painter
13 Febbraio 2023Paradosso Amadeus trionfo di ascolti e attacchi politici “Difendo le mie idee”
13 Febbraio 2023
E lei sarà in Ucraina «in tempi strettissimi»
di Monica Guerzoni
Novanta minuti di tensione. Poi Tajani media con Arcore
roma Le pallottole verbali di Silvio Berlusconi contro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky piombano su Palazzo Chigi di domenica sera, quando le luci di Sanremo (ma non ancora le polemiche) si vanno spegnendo. La prima reazione della maggioranza è un rumoroso silenzio, telefoni sempre occupati o staccati ad arte per non parlare con i giornalisti. Imbarazzo, tensione, paura che le clamorose parole dell’ex premier possano provocare conseguenze sul voto regionale in Lombardia e Lazio o, ancor peggio, incrinare pericolosamente la stabilità del governo.
Giorgia Meloni è colpita, dispiaciuta a dir poco. A caldo, la premier confida ai ministri che le sono più vicini tutto il disagio nei confronti di un leader della sua maggioranza che sembra, sussurra un esponente di primo piano del governo, «vittima della propaganda di Mosca e delle fake news russe, che riescono a permeare le posizioni di tanti, in Italia e in Europa».
Meno di un’ora dopo che le esternazioni berlusconiane hanno preso a rimbalzare sui siti online, Palazzo Chigi batte un colpo. Una breve nota, in cui il nome di Berlusconi non compare e che in estrema sintesi rivela la distanza abissale tra la posizione del capo di Forza Italia e quella del capo dell’esecutivo. Nel ribadire che il sostegno del governo a Kiev è «saldo e convinto» Meloni mette l’alleato-avversario in fuorigioco, richiamando il programma elettorale e ricordando che la maggioranza si è espressa a favore dell’Ucraina in «tutti i voti parlamentari». Come dire che, se Berlusconi vuole restare dentro il perimetro della coalizione che ha vinto le elezioni il 25 settembre, deve muoversi nel solco atlantista di Washington, Bruxelles e Roma e deve smetterla di strizzare l’occhio a Putin. «La nostra posizione in politica estera non cambia e il governo non è a rischio», rassicura i suoi la premier.
Non è il primo incidente. E a Palazzo Chigi non è certo sfuggito che Berlusconi si era schierato platealmente con Putin già alla vigilia delle elezioni politiche. «Le truppe russe dovevano entrare e in una settimana sostituire il governo di Zelenksy con persone perbene», aveva affermato l’uomo di Arcore il 23 settembre, aprendo una polemica infinita che aveva avuto un’ampia eco anche fuori dall’Italia. Ora ci risiamo. E a quanto rivelano fonti di governo la nuova scossa all’unità della maggioranza non arriva del tutto inattesa: per giorni Berlusconi avrebbe provato indirettamente a convincere la presidente del Consiglio a desistere dall’intenzione di mettersi in viaggio verso Kiev.
Gli azzurri
Forza Italia sorpresa
E il ministro convince
il Cavaliere a stilare una nota «rassicurante»
A invertire la marcia, rinunciando alla missione, Giorgia Meloni non ci pensa proprio. Ha promesso a Zelensky che andrà in visita nella capitale del Paese martoriato dai russi e vuole fortissimamente mantenere l’impegno di partire «in tempi strettissimi», possibilmente prima del doloroso primo anniversario dell’invasione che cade il 24 febbraio. Affermare, come ha fatto Berlusconi, «io a parlare con Zelensky se fossi stato il presidente del Consiglio non ci sarei mai andato» è uno schiaffo difficilmente tollerabile. Come è difficile per Meloni digerire l’accusa falsa al leader ucraino di aver attaccato il Donbass, la minaccia di non mandare più le armi e la richiesta a Biden di ordinare a «questo signore» (Zelensky, ndr) di cessare il fuoco. «Il nostro sostegno all’Ucraina è granitico — rimarca il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari dopo aver affrontato la crisi assieme alla premier —. Chiarissimo è il programma di governo, chiarissima la posizione della presidente Meloni, del ministro degli Esteri e di tutti i membri dell’esecutivo».
L’allarme investe anche i ministri azzurri, i quali non si aspettavano un nuovo attacco così diretto del loro leader al capo della resistenza ucraina e alla presidente del Consiglio. Il trambusto dura novanta minuti. Meloni parla più volte con Antonio Tajani, che certo non può rompere con il fondatore di FI. Il ministro degli Esteri si attiva per ottenere il dietrofront dell’ex premier, chiama Arcore, parla con Berlusconi e lo convince a mettere nero su bianco la rassicurazione che il suo «sostegno in favore dell’Ucraina non è mai stato in dubbio». La fibrillazione è forte, tra gli azzurri, dentro la maggioranza e nel rapporto con le opposizioni. E la sottolineatura che Forza Italia non è mai venuta meno all’adesione alla coalizione di governo — oltre che alla Nato, all’Europa e agli Usa — è la conferma di quanto ieri sera la coalizione meloniana abbia ballato sull’orlo del burrone.
Sanremo, Benigni, Mattarella, Zelensky, Fedez, la tensione con i vertici della Rai. «Non ci facciamo mancare nulla», è la battuta amara di un ministro.