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14 Febbraio 2025Il commento
di Renato Franco
Un Festival da piangere per lasciare il dubbio del giudizio. Ma qui non si tratta di una valutazione, piuttosto di una costatazione: le lacrime sono state finora la cifra più chiara e salata di questo Sanremo che ha puntato dritto al cuore, una freccia appuntita sull’emozione e sulla commozione. A volte spontanea, altre cercata e chiamata, altre ancora inaspettata. Ad aprire i dotti lacrimali per primo — presagio del diluvio ormai prossimo — proprio il padrone di casa a cui spesso molti rimproverano una certa freddezza ragionieristica. Ma quando Carlo Conti ha iniziato a parlare (in conferenza stampa) della mamma scomparsa, anche lui, sempre così in controllo, non è riuscito a trattenersi. La voce spezzata, il pianto a dirotto. Da lì le lacrime hanno rigato anche la diretta televisiva: quelle di Antonella Clerici nel ricordo di Fabrizio Frizzi; quelle di Francesca Michielin, commossa per l’intensità della sua stessa esibizione; quelle del piccolo Vittorio Bonvicini sul palco con Damiano David. E poi il pianto collettivo — ripetuto la prima e la seconda sera — del pubblico dell’Ariston per il brano di Cristicchi. Ormai nella tv del (proprio) dolore le lacrime — come gli applausi — sono diventate parte dello spettacolo: sembra un paradosso, ma assomigliano alla via più rapida per togliersi dall’imbarazzo.