Dal termovalorizzatore alle amministrative, sono molti i punti di attrito Il leader M5S: “Firmerò il referendum contro l’invio di armi a Kiev”
ROMA — «Macché conclave», sbuffa Giuseppe Conte. A chiudersi in una stanza con Elly Schlein per trovare una quadra, come la segretaria del Pd aveva proposto dal palco cigiellino di Rimini un mese fa, il presidente dei 5 Stelle non ci pensa proprio. E dunque sull’alleanza fra il suo Movimento e il nuovo Pd uscito dai gazebo frena, parecchio. «Andiamoci piano — dice l’ex premier parlando con Repubblica — Abbiamo toccato con mano, tante volte, quali siano i metodi e la logica di un partito, il Pd, che ha un suo sistema di potere ». E ancora, più ruvido: «Solo pochi mesi fa volevano sbatterci fuori dal Parlamento e dal sistema politico ». I punti di attrito vanno oltre il termovalorizzatore di Roma, che ha monopolizzato la discussione giallorossa dell’ultima settimana. C’è sempre la guerra, su cui il capo del M5S ha una sua visione, molto diversa da quella di Schlein, che ha confermato il pieno sostegno, anche militare, alla causa di Kiev. Ed ecco la mossa che rende plastica l’immagine della frattura: Conte adesso annuncia che sottoscriverà il referendum abrogativo delle leggi che permettono l’invio di armi all’Ucraina. Ci ha pensato un po’ in queste settimane, anche perché i promotori della consultazione sono in buona parte no vax e complottisti della Commissione Du.Pre (gente che metteva in dubbio il bombardamento all’ospedale di Mariupol, definito «fiction»). Ma alla fine si è convinto: «Il referendum è in linea con quelle che sono le nostre posizioni, quindi sì, lo firmerò».
Durante la chiacchierata Conte è alla Casa internazionale delle Donne. C’è un dibattito su precarietà, salario minimo e diritti organizzato dall’associazione Numeri Pari. Era invitata anche Schlein, che però alla fine si è collegata da casa, «per precedenti impegni», spiegano dal suo staff. Conte invece c’è. Ascolta in piedi per un’ora, infila due banconote da 50 euro nella cassetta delle donazioni e si fa la tessera. I fotografi che erano qui per laphoto-opp dei due dopo le punzecchiate a distanza sull’inceneritore romano restano delusi. Ma anche l’assenza dello scatto rende bene l’idea dei rapporti fra Pd e M5S. Sul gelido spinto. La scena si ripeterà. Per dire: il 25 aprile Schlein sarà a Milano. Lui no. «Andrò a via Tasso a Roma, al museo della Liberazione».
«Quando mi vedrò con Schlein? Per ora non ci sono appuntamenti, io preferisco dialoghi informali », riprende l’ex premier. In Aula, durante la votazione dell’ordine del giorno anti-termovalorizzatore dei 5 Stelle, vi siete parlati? Sorriso. «Ci siamo scambiati un saluto ». Questa freddezza si ripercuoterà in qualche modo sulle prossime elezioni amministrative, su cui Schlein alla direzione del Pd ha chiesto «il massimo sforzo, lavorando in spirito unitario». E invece, fa sapere Conte, «non ci saranno comizi insieme, con Schlein, perché non in tutte le città corriamo per lo stesso sindaco ». C’è qualche speranza che l’asse giallorosso regga alle Regionali di giugno in Molise, ma non è ancora tempo di fumata bianca: «Siamo a buon punto sul programma — spiega l’ex presidente del Consiglio — poi bisognerà trovare un candidato comune». In generale, a chi pensava che con Schlein, dopo lo strappo con Letta, i rapporti fra 5 Stelle e democratici potessero riannodarsi facilmente, Conte replica così: «Alle tante sirene che cantano invocando il dialogo e l’unità delle forze di opposizione, rispondo con una parola: calma». L’intesa è tutta da costruire, sempre se ci si arriverà, anche se su tanti temi, anche al dibattito di ieri, Schlein e Conte hanno detto le stesse cose: sul 25 aprile e l’antifascismo, sul contrasto all’autonomia differenziata, sul salario minimo su cui la leader Pd invoca «una lotta comune delle opposizioni, perché bisogna ricomporre le fratture». Mettendo a confronto i due interventi, la differenza più marcata è sempre la politica estera. Dettaglio tutt’altro che marginale. Conte al microfono aveva criticato l’Ue, «che se non è protagonista perderà credibilità in futuro» e chiesto «di coinvolgere la Cina, non facciamoci scavalcare da Macron». Appena finito, si rimette ad ascoltare. Poi sembra quasi fare mente locale. Ripensa al discorso di Schlein. «Nel suo intervento mancava la parte sulla guerra?», chiede al cronista. «É una domanda, la mia». Ma l’occhiata maliziosa è già una risposta.