Il sondaggio di Demos per l’Atlante Politico, pubblicato oggi su Repubblica, (di)mostra come, a pochi mesi dalle prossime consultazioni europee, il quadro politico rifletta gli “equilibri” emersi dal voto del settembre 2022. Centrati sulla figura di Giorgia Meloni, sul “suo” partito, i Fratelli d’Italia. FdI. E sugli alleati di Centro-Destra. Tuttavia, emergono anche elementi di incertezza. Dettati dai rapporti “fra” e “dentro” le coalizioni. Soprattutto nell’area di governo. Dove le (lievi) difficoltà del partito di Giorgia Meloni non sono compensate dagli alleati. Mentre, dall’altra parte, il “campo largo”, evocato a suo tempo da Enrico Letta, di fatto, non sembra essersi “allargato”. Ma, semmai, “ristretto”, viste le divergenze persistenti fra il Pd, il M5S. E i partiti del Terzo Polo. Che, in effetti, non hanno mai creato un vero “polo”.
“L’incertezza” suggerita dalla maggioranza riflette il “sentimento incerto” espresso dagli elettori verso il governo. Che ottiene il grado di consenso più basso da quando si è insediato. Assai più limitato rispetto al precedente governo, guidato da Mario Draghi, che resta il più accreditato degli ultimi anni.
Ma inferiore anche al governo Conte II. La tendenza si riflette negli orientamenti di voto, che vedono ancora i FdI largamente davanti agli altri partiti, con il 28,6%. Ma in calo, seppur di poco, negli ultimi mesi. Questo ridimensionamento, per quanto limitato, non è viene compensato dal consenso elettorale agli alleati. La Lega (7,8%) e Forza Italia (6,6%), infatti, (secondo le stime elettorali) non riescono a “recuperare” i consensi del partito di riferimento della maggioranza. D’altra parte, non è facile, visto che gli elettori perduti si erano spostati proprio sui FdI. Mentre l’instabilità dei consensi non favorisce, comunque, il voto di “andata e ritorno” inter-partitico. Semmai, induce al “non voto”. Di conseguenza, si è ridimensionata anche la convinzione circa la durata del governo. Infatti, la quota di quanti credono chereggerà fino alla conclusione della legislatura è scesa al 47%. Sempre ampia, anzi: amplissima. Ma non più “maggioritaria”. Questi segnali si riproducono su altri piani. Anzitutto, nella fiducia verso i leader. Che, ormai da tempo, hanno ereditato l’identità dei partiti. Riassunta, sempre più, nella figura del capo. Tanto più quando “il” o “la” leader ne ha trasformato l’immagine e il con-senso. Come nel caso dei FDI, in particolare dopo le elezioni politiche del 2018. Il favore verso Giorgia Meloni, infatti, scende di qualche punto: dal 54% al 49%. Ma resta, comunque, molto elevato. Il più elevato, se si esclude Mario Draghi. Il suo predecessore. Uscito (per ora) dalla scena politica nazionale. E, anche per questo, si conferma il leader più apprezzato dagli italiani. Dall’altra parte, però, non si vedono segnali di “ripresa”. Il PD mantiene e conferma la sua base elettorale, poco oltre il 20% (20,4%). Mentre il M5S risale al 17,2%. Insieme potrebbero essere competitivi, tanto più se il campo si allargasse a Verdi e Sinistra Italiana. E al Centro , coinvolgendo i partiti del cosiddetto “Terzo Polo”. Ma a Centro-Sinistra le divisioni hanno una storia lunga. Che non pare destinata a finire. D’altronde, anche in questo sondaggio, non si vedono altri “leader forti”, oltre a Giorgia Meloni. E a Mario Draghi, che osserva il Paese da lontano. Antonio Tajani eredita la base di popolarità lasciata da Silvio Berlusconi. Mentre Matteo Salvini subisce un calo di “fiducia” rilevante. Perde, infatti, 5 punti e si ferma al 32%. Ed Elly Schlein non riesce a marcare l’identità del PD. Resta sullo sfondo. Con il 30% di gradimento. Poco sopra a Calenda, ai leader della Sinistra e del Terzo Polo. Per primo… Matteo Renzi. Fermo al 21%.
Sembra, dunque, che la nuova emergenza generata dagli sbarchi e dai migranti, che hanno “invaso” Lampedusa per trasferirsi in Italia (e, se possibile, in altri Paesi europei), non abbia portato vantaggi elettorali alla Lega. Né consensi personali al suo leader. Forse perché, come sottolinea il sondaggio di Demos, meno di un terzo dei cittadini esprime un giudizio positivo sull’azione del governo di fronte a questo problema. E i pareri più critici, al proposito, provengono non solo dall’opposizione. Ma dagli stessi elettori della Lega. Altri motivi di insoddisfazione provengono dai temi della sicurezza e della criminalità. Infine, dai problemi dell’economia e del lavoro.
È, dunque, comprensibile, in parte, inevitabile, che la popolarità del governo e della sua leader, per quanto ancora ampia, non cresca. E, anzi, divenga tiepida. A conferma che (non solo) in Italia, in tempi incerti come questi, governare non sempre favorisce il consenso. Di chi governa.