L’intervista
Franco Gallo
Franco Gallo è avvocato e professore di diritto tributario, ha insegnato nelle maggiori università italiane, è stato ministro delle Finanze del governo Ciampi e presidente della Corte Costituzionale. «Sono molto sconfortato, mi sento totalmente fuori tono», dice parlando del governo di Giorgia Meloni che secondo lui sta rinunciando alla lotta all’evasione: «Ormai al contribuente conviene non pagare e aspettare». L’esecutivo dovrebbe «pensare a recuperare un po’ di gettito, a tassare quelli che finora non hanno pagato…».
E invece?
«Non vedo la volontà di recuperare delle risorse, strano perché rischiamo di andare in recessione».
Cosa ne pensa dello stop alle multe per chi non accetta pagamenti con il Pos sotto i 60 euro?
«È una cosa vergognosa, e infatti la Banca d’Italia che è sempre attenta e prudente ha preso una posizione forte, motivando il suo dissenso in modo molto chiaro».
E sul limite al contante che è stato portato a 5 mila euro?
«È una misura che spinge ad evadere, anche questo l’ha detto la Banca d’Italia. La gente si mette i soldi in tasca e non fa fatture».
Il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo ha annunciato di voler depenalizzare la dichiarazione infedele e l’omesso versamento.
«Leo è un mio allievo, quando ero ministro delle Finanze lui era un giovane molto bravo che ho preso con me, mi ha aiutato e io l’ho spinto ad andare avanti».
Leo sostiene che la doppia sanzione sia ingiusta, per questo vuole che alcuni illeciti fiscali vengano puniti solo dal punto di vista amministrativo. Che cosa ne pensa?
«Sono due cose diverse, non capisco questo ragionamento. Con il penale c’è un tipo di dolo che va punito anche con l’arresto e la reclusione. Invece l’amministrativo è un’altra cosa, si può anche pensare di voler applicare sanzioni meno punitive, lo si è fatto in passato, ma sostenere che c’è una equiparazione tra la sanzione penale e quella amministrativa per cui l’una è alternativa all’altra mi sembra una fesseria. Basta aver fatto l’università per sapere che non è così».
In manovra c’è una nuova edizione dello stralcio delle cartelle definite “inesigibili” fino al 2015 e inferiori a mille euro. Come giudica questa norma?
«È il solito vecchio discorso: l’amministrazione finanziaria non riesce a fare la lotta all’evasione e allora dopo cinque, sei, sette anni ricorre a questo escamotage. Le cartelle vengono stralciate con la scusa che tanto sono pochi soldi e difficili da riscuotere».
Allora conviene non pagare?
«Al contribuente non sembra vero, intanto evade e poi aspetta il giorno in cui cancelleranno la punizione. La lotta all’evasione va fatta tutti i giorni, chi non paga deve essere subito colpito e punito. Altrimenti ha ragione Leo…».
A cosa si riferisce?
«Se la macchina non funziona diventa difficile e gravoso fare la lotta all’evasione. E quindi siccome poi dicono che non ci sono riusciti, ecco che cancellano la cartelle».
Le regole e gli strumenti ci sono, perché il sistema non funziona?
«Secondo me perché l’amministrazione finanziaria non è organizzata in modo tale da fare i controlli, con la tecnologia e il digitale ci sarebbe la possibilità di verifiche capillari sul contribuente. Con le banche dati che già ci sono sarebbe facile, ma in realtà non c’è la volontà di farlo, quella della privacy è una scusa».
L’Europa rileva che l’Italia è maglia nera per Iva non riscossa: 26 miliardi nel 2020. Stupito?
«Non è una novità, nonostante da alcuni anni il meccanismo sia più stringente, l’Iva è l’imposta più evasa. È sufficiente andare al ristorante per capirlo, non tutti fanno le fatture».
Eppure imprenditori, professionisti e commercianti si lamentano delle tasse.
«Perché quelli che sono fedeli e versano le imposte ne pagano tante, in effetti il nostro livello di tassazione per chi non evade è elevato, anche se è comunque in linea con Paesi come Francia, Germania e Inghilterra». l. mon.