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Verifiche più rapide e decisioni più politiche: sono queste le misure prese per favorire gli scambi delle industrie degli armamenti Tolte competenze all’agenzia Uama E niente più autorizzazioni dentro la Ue
Il Cdm ha approvato un ddl per riformare la “legge 185” e ripristinare il Comitato interministeriale come 30 anni fa, rafforzando il controllo politico sull’export. L’allarme delle associazioni. La Rete Pace e disarmo: «Ci opporremo a meno trasparenza e controlli»
Controlli più rapidi e decisioni più politiche per incentivare le esportazioni delle industrie d’armi italiane. È l’obiettivo del disegno di legge del governo, approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri, che intende riformare la legge 185 che dal 1990 regolamenta le esportazioni di sistemi d’arma. Una modifica che di fatto svuoterà le competenze dell’agenzia oggi preposta, l’Uama. La materia verrebbe affidata a un Comitato interministeriale, con un ritorno alle norme di 30 anni fa, che allarma la società civile. Tra i provvedimenti sul tavolo del Cdm è finito dunque anche un disegno di legge di «Modifiche alla legge 9 luglio 1990, n, 185, recante nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento (Affari esteri e Cooperazione internazionale)». Cosa cambierà? Lo schema di disegno di legge intende modificare la legge che fu approvata nel 1990 grazie a una mobilitazione della società civile, in particolare delle riviste missionarie, che vedevano
gli effetti delle armi italiane nelle guerre africane. Nella bozza dello schema si parla di istituire presso la presidenza del Consiglio un Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento (Cisd), ricostituendo una struttura esistente solo nei primi anni della legge 185. Il Cisd verrebbe presieduto dal capo del governo e composto dai ministri degli Esteri, dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e del Made in Italy. Le funzioni di segretario del comitato dovrebbero essere svolte, secondo la bozza del ddl, dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Sarà compito del Cisd formulare gli indirizzi generali per l’applicazione della legge e delle politiche di scambio nel settore della difesa.
Oggi invece spetta all’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama) – organismo presso il ministero degli Esteri e della cooperazione – autorizzare o meno i contratti, e quindi le produzioni ed esportazioni, di sistemi di arma stipulati tra governi stranieri e industrie belliche italiane. La 185 all’epoca fu una norma all’avanguardia, poi seguita da una analoga “Posizione comune europea” del 2008 e, nel 2013, dal Trattato sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty – ATT), che è stato il primo strumento giuridico globale per l’autorizzazione di trasferimenti di armi convenzionali. Con la riforma, all’Uama verrebbero lasciate solo le questioni di carattere tecnico-amministrativo. Inoltre, vengono rimosse le autorizzazioni agli scambi dentro la Ue.
Grande l’allarme nel mondo delle associazioni. «Ci opporremo a tutte le modifiche che diminuiranno la trasparenza e i controlli – commenta Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana Pace e disarmo mentre invece dovremmo sempre di più implementare le prescrizioni delle norme internazionali, come la Posizione comune europea del 2008 e il Trattato sul commercio delle armi (Att)». Vignarca contesta le motivazioni «risibili» – portate dal comparto bellico a sostegno della riforma: «Non è
affatto vero che il settore della difesa sarebbe basilare per l’economia dell’Italia. L’industria delle armi ha un fatturato inferiore all’1 % del Pil». E nemmeno che l’export sia la fetta più importante della produzione militare: «Dicono che il 70% del loro fatturato deriva dalle esportazioni. Molto strano, perché se il fatturato complessivo dichiarato è di 17 miliardi, il 70% equivarrebbe ad almeno 12 miliardi, quando invece la relazione al Parlamento della legge 185 ci dice che l’export di armamenti si aggira sui 3 miliardi. La verità è che si vuole solo reintrodurre questo Comitato per evitare che ci sia qualcuno che controlla veramente l’attinenza delle richieste di autorizzazioni con i criteri della legge». Vignarca avverte: «Se modificano la legge dovranno inglobare le norme più restrittive del Trattato internazionale. Quando il Parlamento lo ratificò si disse che non c’era bisogno di modifiche perché la 185 prevedeva già le norme previste dal Trattato. Ma ora si dovranno inserire i criteri dell’Att, più stringenti. Come sui diritti umani: l’Att dice che non si può esportare dove c’è rischio di violazioni, non solo abusi accertati. Non è un caso che certe cose arrivino ad agosto. Ma non lo permetteremo».