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di Monica Guerzoni
La premier evoca il voto poi la spinta ad abbassare i toni
ROMA Sul tetto di Roma, nel palazzo che fu dei papi, Giorgia Meloni è salita nel mezzo del «mercoledì nero» che ha rischiato di travolgere il governo. Anche per questo Palazzo Chigi sperava che la notizia del pranzo segreto con Sergio Mattarella, anticipata dal sito del Corriere, restasse riservata. Ma in questo clima di tensione tra i partiti e i leader di maggioranza, esasperati dalla sconfitta alle Regionali e snervati dalla guerriglia parlamentare degli emendamenti alla manovra, l’incontro al Quirinale ha contribuito a generare sospetti e interpretazioni. Chi ha fatto fuggire la notizia dal seno della coalizione, all’indomani del capitombolo sul canone Rai? E cosa si sono detti i due presidenti in quell’ora di colloquio a quattr’occhi?
Nel corso della giornata però, complice la moral suasion del Colle, gli impulsi di pace hanno avuto la meglio sui tamburi di guerra. Salvini è andato in tv a predicare «peace and love» e Tajani, su Libero, ha lodato Salvini come ministro delle Infrastrutture. «Hanno capito che era ora di fermarsi prima che venisse giù tutto», è la sintesi di un esponente del governo. Così, da Palazzo Chigi, hanno fatto di tutto per sdrammatizzare il chiarimento tra Meloni e Mattarella, spiegando che non è stato un confronto nato sull’onda della crisi di nervi della maggioranza, bensì «uno dei tanti faccia a faccia» di questi due anni, concordato prima della partenza di Mattarella per la missione in Cina.
Eppure alla premier è dispiaciuto che la notizia del vertice sia uscita «solo questa volta», perché inevitabilmente è stata associata allo scontro al vertice del governo. La situazione è così esplosiva che la fondatrice di FdI, la quale si sente forte del consenso degli italiani ma non si sente accettata dai cosidetti poteri forti, avrebbe ricominciato ad accarezzare la suggestione delle urne. «Se Matteo e Antonio continuano, faccio saltare il governo e porto tutti al voto», si era sfogata prima di salire al Colle. Salvo poi, una volta tornata a valle, smentire la tentazione del reset: «Siamo il governo più solido d’Europa».
Nella versione ufficiale, concertata dopo il tête-à-tête da fonti di piazza Colonna e dal Quirinale, il vertice «è andato bene» e i due presidenti hanno fatto il punto sui temi di politica estera, dalle guerre alle conseguenze della vittoria di Trump. Poi la manovra finanziaria, l’intenzione della premier di tenere a Palazzo Chigi le deleghe di Raffaele Fitto fino a gennaio e l’elezione dei giudici mancanti della Corte Costituzionale. La leader della destra ha prospettato a Mattarella una possibile via di uscita dall’impasse, con la formula «due giudici alla maggioranza, uno alle minoranze e un tecnico». A destra ci sarebbe l’accordo sui nomi del consigliere giuridico della premier Francesco Saverio Marini e di Pierantonio Zanettin, avvocato e deputato di FI. E la sinistra potrebbe votare Anna Finocchiaro, o il costituzionalista del Pd Andrea Pertici. Per il profilo tecnico si parla di Renato Balduzzi, ex ministro della Sanità con Mario Monti.
L’agenda
Il faccia a faccia
anche per chiarirsi
dopo le ultime polemiche
L’incontro tra Meloni e Mattarella è stato definito «cordiale e collaborativo» da entrambi gli staff. Il che però non vuole dire che in quell’ora trascorsa a tavola, restando il rapporto tra i due più istituzionale che confidenziale, siano stati spazzati via tutti gli attriti e le incomprensioni. Il capo dello Stato avrebbe manifestato amarezza e stupore per alcune voci che nei giorni scorsi giravano tra i parlamentari di destra, il cui senso era «siamo in guerra con il Colle». Meloni lo ha rassicurato («non sono certo cose che vengono da noi») e ha detto al presidente di sentirsi «sotto attacco», da parte delle opposizioni e non solo.
Palazzo Chigi soffre i moniti di Mattarella su temi che intersecano l’azione del governo, come il finanziamento ai partiti, lo sciopero, i migranti e le corti d’appello, o il carcere per le donne incinte. Meloni, con la consueta schiettezza, ha esternato la sofferenza del governo per le bacchettate del Colle e il presidente ha chiarito che gli interventi sono di carattere procedurale e giuridico e hanno riguardato anche emendamenti delle opposizioni. La politica dunque non c’entra, prova ne sia il pressing di Mattarella sul Pd perché votasse per la vicepresidenza esecutiva a Fitto.
Se il pranzo al Colle ha favorito o no la pacificazione, si vedrà già oggi in Consiglio dei ministri. Tajani ha chiesto alla premier un incontro per togliere le scorie dal tavolo e cioè per formalizzare che non ci sarà il taglio del canone Rai e che Elisabetta Belloni non sarà ministro degli Affari Ue.