L’uso strumentale della figura di Antonio Gramsci da parte del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano è lampante. Il volerlo inserire nel pantheon dei patrioti di destra in nome di una sua inventata «italianità» – «Gramsci è parte attiva della dialettica del Novecento e fondamentale attore dell’ideologia italiana», ha scritto Sangiuliano in un intervento al Corriere – è bislacco per un pensatore tanto di parte (opposta) e che ha criticato costantemente tutti i vizi della società italiana, mettendo sempre al primo posto l’internazionalismo del classismo socialista: il parere dell’attuale ministro della Culura cozza completamente rispetto a qualsiasi canone storico e filologico.
A SMASCHERARE definitivamente i bluff di Sangiuliano arrivano ora anche le dichiarazioni di chi dovrebbe aiutarlo nei suoi propositi gramsciani.
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La memoria negata di GramsciIl primo riguarda l’appropriarsi della richiesta alla clinica Quisisana di apporre una targa in memoria del luogo in cui Gramsci morì dopo due anni di lunga detenzione – dal 24 agosto 1935 al 27 aprile 1937 – , sempre sotto stretto controllo delle forze dell’ordine fascista. L’8 dicembre scorso il manifesto rilanciò l’appello di un gruppo di intellettuali per l’apposizione di una targa affiancandola da una
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Una targa per ricordare dove morì Gramsciche in pochi giorni arrivarono a oltre 2.500.
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Nel frattempo, citando l’iniziativa del manifesto, si è mosso il Comune di Roma che, dopo un ordine del giorno della consigliera del Pd Erika Battaglia, ha approvato in modo bipartisan la richiesta alla Quisisana di una targa per Gramsci.
Il 4 gennaio, il ministro diede notizia – naturalmente senza citare l’appello del manifesto – di sposare l’iniziativa e di aver inviato una lettera ai vertici amministrativi della casa di cura Quisisana di Roma per chiedere che venga apposta una targa commemorativa.
Addirittura Sangiuliano specificò che «il ministero ha, inoltre, dato disponibilità a farsi carico degli oneri economici riguardanti la richiesta», come se fosse un problema di soldi per una clinica fra le più ricche a Roma con utili milionari.
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Antonio Gramsci e il miracolo di SangiulianoSE IL MINISTRO SOSTIENE di essere intervenuto con la proprietà per perorare la causa, lo stesso non ha ottenuto alcun risultato e da quel momento ha completamente abbandonato l’impresa. La clinica romana di proprietà della famiglia Ciarrapico – politicamente affine a Sangiuliano e alla destra – ha infatti risposto a stretto giro al ministro con parole sibilline: «Sul tema la società Eurosanità spa ha già esposto la propria posizione al ministero della Cultura (a metà gennaio, pochi giorni dopo aver ricevuto la lettera di Sangiuliano, ndr), al Comune di Roma e ai mezzi di informazione». Insomma, la proprietà della Quisisana non si è mossa di un millimetro dalle sue posizioni e la lettera del ministro Sangiuliano è stata sostanzialmente ignorata.
LA SECONDA DIMOSTRAZIONE riguarda una fantomatica «mostra su Gramsci» di cui il ministro parla in pubblico fin da novembre, come contraltare all’esposizione dedicata a Tolkien.
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Sangiuliano copia il manifesto: sì alla targa per GramsciEbbene, rispondendo a varie sollecitazioni del manifesto, il portavoce di Sangiuliano il 14 febbraio specificava che «la mostra è in corso di organizzazione, con il coinvolgimento del professor Silvio Pons e di tanti autorevoli personalità di sinistra».
La polpetta avvelenata nei confronti del presidente della Fondazione Gramsci è evidente. Contattato dal manifesto, Pons precisa: «Il ministro ha manifestato la volontà di organizzare questa mostra e ha raccolto dalla Fondazione totale disponibilità», come diplomaticamente dovuto da parte di un ente che riceve finanziamenti dal ministero e non può certo opporsi a collaborare. Subito dopo però lo stesso Pons precisa che, quanto alla mostra su Gramsci, «siamo a livello di possibilità e nient’altro», riferendo che dopo il breve colloquio di gennaio, niente è stato definito: nessuna data, nessun luogo dove ospitarla, nessun argomento per focalizzare l’oggetto della fantomatica mostra stessa.
Nel frattempo Sangiuliano ha trovato alleati inaspettati nella sua crociata per fare di Gramsci un «intellettuale italiano». Fabio Fabbri, già docente di storia a Salerno, alla Sapienza e a Roma Tre e primo firmatario dell’appello che più di 2.500 studiosi, giornalisti e cittadini hanno sottoscritto, continua intanto la sua battaglia. Ha cercato di rispondere ad Antonio Polito che sul Corriere ha sostenuto come la proposta del ministro Sangiuliano riflette il «lodevole intento ecumenico di allargare lo spettro dei padri nobili della cultura italiana» quasi che ci sia «da tempo in giro un gramscismo di destra» che intende «dare più solide basi culturali al nuovo potere meloniano». E che, per giunta, ammira il concetto di egemonia gramsciano. «Il tentativo di Polito di conciliare gli estremi è materia di fantapolitica giornalistica, non di disamina scientifica – ha risposto Fabbri in una lettera mai pubblicata dal Corriere – .
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Targa per Gramsci alla Quisisana, sì dal consiglio comunale di RomaMa dove l’autore dell’articolo (Polito, ndr), per mantenersi in equilibrio fra le parti, provoca lo sconcerto degli studiosi e di chi conosce la verità dei fatti, è quando egli assurge a volgarizzatore storico: “D’altra parte negli anni ’20 del Novecento fascisti e comunisti – egli scrive – apparvero non a caso insieme sulla scena, nel giro d’un paio d’anni, e percorsero fino a un certo punto strade alquanto parallele: nel rifiuto del vecchio regime liberale, nel fascino della violenza come levatrice della storia, e nella brutalizzazione della lotta politica”. Polito usa disinvoltamente aggettivi e formule ignorandone il significato e la destinazione. L’idea di proporre sullo stesso piano i presunti estremisti derivanti da fascismo e bolscevismo non è nuova. Nel primo dopoguerra se ne fecero portatori quotidiani come il “Corriere della Sera” di Albertini, il “Giornale d’Italia di Bergamini, il Resto del Carlino di Missiroli nonché l’”Avvenire d’Italia”, voce della Curia bolognese, col risultato tragico di trascinare l’opinione pubblica da una posizione equidistante e indifferente ad una netta presa di posizione a favore del fascismo e dei valori della “patria”», conclude Fabbri.
USA IL SARCASMO invece Carlo Laudisa, il cittadino che più si è speso da anni per la targa, tenendo i rapporti con tutte le istituzioni coinvolte con passione e tanta pazienza: «La proposta della targa si sta avviando “fatalmente” verso la sua mummificazione e i suoi mummificatori probabilmente si fregano le man per essersi tolti di mezzo “un problema” che non sapevano nè probabilmente volevano risolvere, poco remunerativo elettoralmente».