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19 Novembre 2024Dopo l’ultima vendita di quote da parte del Tesoro, e l’ipotesi del terzo polo con Banco Bpm, la città torna a interrogarsi
Aldo Tani
siena Su Rocca Salimbeni la Balzana non sventola più da oltre un decennio. Siena continua a rimanere impressa nella sigla della banca, ma ormai anche il centro storico della città è diventato terreno di caccia per le filiali degli altri istituti.
Però, rispetto ad altre storie meno fortunate, quella del Monte dei Paschi continua. Grazie allo Stato, che nel 2017 a suon di miliardi si adoperò per il salvataggio. Pochi giorni fa tuttavia potrebbero esser state scritte le ultime pagine anche di questo capitolo. Il Tesoro è sceso all’11,7%, restando sempre il primo azionista dell’istituto senese di credito ma aprendo la strada ai privati. Soprattutto Banco Bpm, che potrebbe configurarsi come il partner strategico per la creazione di un terzo polo bancario italiano. Oggi l’istituto di piazza Meda è al 5%. Grazie all’Opa lanciata su Anima Holding potrebbe salire fino al 9%, il ceo Giuseppe Castagna ha già detto di non voler andare oltre ma tutti o quasi scommettono sulla futura aggregazione con Mps.
Legami precariLa mossa del Tesoro ha in ogni caso generato un po’ di apprensione all’interno delle istituzioni senesi. Comune e Provincia hanno rispolverato il vecchio mantra che risuonava a ogni angolo al tempo dell’ipotetico assalto di Unicredit. «Deve essere mantenuta altissima l’attenzione sul radicamento della più antica banca del mondo, che non deve recidere lo storico legame con la città, attraverso la tutela del marchio e, più in generale, dell’attaccamento al territorio», ha detto il sindaco di Siena Nicoletta Fabio. «Torniamo ad auspicare un chiaro percorso di valore rispetto alla solidità e all’autonomia della banca che deve continuare ad avere come principali protagonisti il territorio e le lavoratrici e i lavoratori del gruppo» gli ha fatto la presidente Agnese Carletti, suscitando per altro una reprimenda da parte di Fratelli d’Italia. Schermaglie politiche a parte, resta da capire che ne sarà della senesità rimasta con il nuovo assetto azionario di Mps. Per tre mesi lo Stato non potrà diluire la propria partecipazione, ma poi avrà mano libera. Come ha dimostrato nelle precedenti occasioni, l’opportunità di un ritorno economico (2,7 i miliardi incassati nel giro di un anno) è un motivo sufficiente per farlo. Soprattutto con il titolo in continua ascesa. «Fino alla scadenza dell’attuale Cda (dopo l’approvazione del bilancio 2024, ndr ), non cambierà niente — sottolinea Federico Di Marcello, segretario Fisac Cgil Banca Mps — Poi potrebbe accadere di tutto. Lo scenario migliore è che la banca possa perseguire una strategia stand alone e quindi lasciare immutato il quadro attuale. Differente invece se Bpm dovesse salire ancora e di fatto diventare più di un partner industriale per Mps. Queste operazioni spesso hanno delle conseguenze per i lavoratori». Risposte che i sindacati proveranno ad avere dall’Ad Luigi Lovaglio, al quale è stato richiesto un incontro.
Azionisti spettatoriTra chi resta alla finestra, in attesa di capire, ci sono i piccoli azionisti, impegnati semmai come parti civili nei vari processi in corso, dove sono coinvolti gli ex vertici di Rocca Salimbeni. «In questo momento sanno bene di non dover possedere azioni che valgono più di 6 euro. A Piazza Affari la banca è valutata il doppio dei ricavi lordi, mi sembra esagerata» osserva Maurizio Montigiani dell’Associazione Buongoverno, che tuttavia non vede in Bpm una minaccia: «Ha fatto quello che doveva fare, perché ha visto l’occasione su Anima ed è stata spinta dal Tesoro. Sono convinto che non andrà oltre». Nella partita, per Montigiani, Siena non gioca più alcun ruolo. Anzi. «Nelle assunzioni previste dalla banca (300 persone, ndr ), non c’è più alcuna voce in capitolo per una quota riservata al territorio. Quindi direi che non c’è il minimo rispetto».
La senesità è un fatto ampiamente superato per Pierluigi Piccini, ex sindaco ed ex alto dirigente di Banca Monte dei Paschi. «Avere una banca a Siena è sempre stato diseconomico. Fino a quando c’era la politica, le necessità erano altre» evidenzia, convinto tuttavia che il marchio abbia ancora un futuro: «Nessun socio lo vorrà distruggere, perché quel marchio porta valore economico. Poi bisognerà vedere se verrà dato un riconoscimento alla città».
Più difficile sbilanciarsi per Guido Fasano, sulla base dei dati attuali. Guardando però alle tutele occupazionali, il vice-coordinatore Fabi Banca Mps nelle recenti operazioni vede un fatto positivo: «Avere degli investitori italiani dà almeno un’impressione di un assetto societario che garantisca non solo il mantenimento dell’azienda, ma anche un rilancio. Quindi oggi è difficile paventare situazioni rischiose per il futuro del Monte dei Paschi».