Abbas il pragmatico confinato a Ramallah Washington riparte dall’erede di Arafat
6 Novembre 2023“Assistiamo ad una guerra genocida da Israele una vendetta contro i civili”
6 Novembre 2023Il senso di colpa dell’occidente genera mostri. Così, per la sinistra delle università americane e della piazza globale, Israele è diventato l’incarnazione dell’occidente malvagio e imperialista. E i terroristi di Hamas, in quanto suoi nemici, una forza del bene. Un saggio su un’ideologia falsa e pericolosa
La pace nel conflitto israelo-palestinese era già difficile da raggiungere prima del barbaro attacco di Hamas del 7 ottobre e della risposta militare di Israele. Ora sembra quasi impossibile, ma la sua essenza è più chiara che mai: in definitiva, un negoziato per istituire uno stato di Israele sicuro accanto a uno stato palestinese sicuro. A prescindere dalle enormi complessità e sfide per realizzare questo futuro, una verità dovrebbe essere ovvia tra le persone oneste: uccidere 1.400 persone e rapirne più di 200, tra cui decine di civili, è stato profondamente sbagliato. Se si esclude il fatto che è stato registrato in tempo reale e pubblicato sui social media, l’attacco di Hamas assomigliava a un’incursione mongola medievale, per il massacro e i trofei umani mostrati. Eppure, dal 7 ottobre accademici, studenti, artisti e attivisti occidentali hanno negato, giustificato o addirittura celebrato gli omicidi compiuti da una setta terroristica che proclama un programma genocida antiebraico. Alcune di queste cose avvengono alla luce del sole, altre dietro le maschere dell’umanitarismo e della giustizia, altre ancora in codice, il più famoso è “dal fiume al mare”, una frase agghiacciante che implicitamente sostiene l’uccisione o la deportazione di 9 milioni di israeliani. Sembra strano che si debba dire: uccidere civili, anziani, persino bambini, è sempre sbagliato. Ma oggi bisogna dirlo. Come possono persone istruite giustificare una tale insensibilità e abbracciare una tale disumanità? In questo caso sono in gioco molti fattori, ma gran parte delle giustificazioni per l’uccisione di civili si basa su un’ideologia alla moda, la “decolonizzazione”, che, presa alla lettera, esclude la negoziazione di due stati – l’unica vera soluzione a questo secolo di conflitti – ed è tanto pericolosa quanto falsa.
Mi sono sempre chiesto quali fossero gli intellettuali di sinistra che sostenevano Stalin e gli aristocratici simpatizzanti e gli attivisti pacifisti che scusavano Hitler. Gli apologeti di Hamas e negazionisti delle atrocità di oggi, con le loro roboanti denunce del “colonialismo”, appartengono alla stessa tradizione, ma peggio: hanno abbondanti prove del massacro di anziani, adolescenti e bambini, ma a differenza di quegli sciocchi degli anni Trenta, che si sono lentamente avvicinati alla verità, non hanno cambiato di una virgola le loro opinioni. La mancanza di decenza e di rispetto per la vita umana è sorprendente: quasi immediatamente dopo l’attacco di Hamas, è emersa una legione di persone che hanno minimizzato il massacro, o hanno negato che siano avvenute delle vere e proprie atrocità, come se Hamas avesse semplicemente condotto una tradizionale operazione militare contro dei soldati. I negazionisti del 7 ottobre, come quelli dell’Olocausto, vivono in un mondo particolarmente oscuro.
La narrativa della decolonizzazione ha disumanizzato gli israeliani al punto che persone altrimenti razionali giustificano, negano o sostengono la barbarie. Una narrativa che sostiene che Israele sia una forza “imperialista-colonialista”, che gli israeliani siano “colonialisti” e che i palestinesi abbiano il diritto di eliminare i loro oppressori. (Il 7 ottobre abbiamo tutti imparato cosa significa). E che configura gli israeliani come “bianchi” e i palestinesi come “persone di colore”. Questa ideologia, potente nell’accademia ma da tempo in attesa di una seria contestazione, è un mix tossico e storicamente privo di senso di teoria marxista, propaganda sovietica e antisemitismo tradizionale del Medioevo e del XIX secolo. Ma il suo motore attuale è la nuova analisi identitaria, che guarda alla storia attraverso un concetto di razza che deriva dall’esperienza americana. La tesi è che è quasi impossibile che gli “oppressi” siano essi stessi razzisti, così come è impossibile che un “oppressore” sia oggetto di razzismo.
Gli ebrei quindi non possono subire il razzismo, perché sono considerati “bianchi” e “privilegiati”; anche se non possono essere vittime, possono sfruttare e sfruttano altre persone meno privilegiate, in occidente attraverso i peccati del “capitalismo di sfruttamento” e in medio oriente attraverso il “colonialismo”.