ROMA — Se c’è un dettaglio che preoccupa Giorgia Meloni, forse ancora di più del già durissimo intervento di Sergio Mattarella su ambulanti e balneari, è la nota con cui la Lega ha stroncato la sortita del presidente della Repubblica. Una critica aspra al Colle, quasi sfrontata. Una sfida al Quirinale e alla Commissione europea. Il rischio, assai concreto, è che su questo terreno si consumi un nuovo deflagrante scontro con Bruxelles. Ordito, ormai è uno schema consolidato, da Matteo Salvini. E subìto dalla premier.
In quel passaggio dell’alleato, Palazzo Chigi ha intravisto lo stesso, pericolosissimo copione già seguito sul Mes: il segretario del Carroccio che cavalca la pancia della destra, Meloni che lo asseconda per non perdere consenso nel mondo sovranista, lo strappo finale con Bruxelles. Stavolta, però, la leader vorrebbe evitare nuove tensioni. Preferirebbe trovare un compromesso. Vorrebbe insomma dare seguito a quanto promesso a Ursula von der Leyen, informalmente: «Scriviamo insieme la norma sulle concessioni dei balneari». Ma lo farà, dando mandato a Raffaele Fitto di siglare un’intesa che porti ad archiviare la rischiosissima procedura d’infrazione (e magari a garantire almeno un po’ i titolari storici degli stabilimenti), soltanto se riuscirà a siglare prima un patto politico con il vicepremier leghista. Senza una tregua interna alla maggioranza, accetterà il rischio della procedura europea. Perché non intende consegnare all’alleato la bandiera della protesta.
Il tempo stringe. E le parole di Mattarella non fanno altro che ricordarlo. La missiva del Presidente non era attesa o comunque: nessuno immaginava che sarebbe stata così pungente. La ragione è condensata nel richiamo ai balneari: non era scontato che in un testo scritto per contestare le regole sugli ambulanti il Colle inserisse anche un passaggio sulle licenze degli stabilimenti. E che lo facesse a due settimane da uno snodo decisivo: entro il 16 gennaio, infatti, Roma dovrà decidere se rispondere al parere motivato con cui Bruxelles annunciava all’Italia la procedura d’infrazione sul dossier. Una mossa, quella del Quirinale, che forse dimostra anche che lo strappo sul Salva Stati ha aperto una ferita tra i vertici delle istituzioni.
Ma come detto la partita è soprattutto nel cuore della maggioranza. Già nel corso dell’ultimo Consiglio dei ministri Raffaele Fitto aveva stoppato la richiesta di Salvini di una proroga di sei mesi della mappatura delle spiagge, perché sarebbe stata interpretata come uno schiaffo alla Commissione, oltre che come una tattica dilatoria. La risposta italiana agli appunti europei dovrà essere fornita entro la metà del mese. In assenza di una replica esaustiva, la procedura andrà avanti. E potrebbe determinare sanzioni economiche pesanti per il Paese.
Ecco perché Fitto ha già avuto modo di spiegare al resto del governo la sua posizione, che può sintetizzarsi così: scrivere al meglio con la Commissione una norma che permetta di evitare la procedura e fornisca alcune tutele ai balneari. Anche perché, è stata la linea illustrata anche a Salvini, i comuni continuano a procedere in autonomia i bandi di gara per gli stabilimenti. E nel frattempo la magistratura potrebbe disapplicare le regole traballanti sancite dall’esecutivo. Una tendenza destinata ad aumentare, come il caos che ne scaturirebbe. E che, soprattutto, potrebbe danneggiare ancora di più i gestori, che alla fine vedrebbero scadere le concessioni senza poter vantare alcuna tutela.
Una bomba, anche in termini di consenso. Che Meloni vuole affrontare affidando a Fitto il compito della mediazione. Ma, come detto, soltanto a patto che Salvini assicuri copertura politica all’operazione. E d’altra parte, è lo stesso ministro degli Affari europei ad aver espresso disponibilità a trattare in Europa, ma soltanto con la garanzia di un pieno mandato da parte della Lega. Non intende insomma ritrovarsi nella condizione di Giancarlo Giorgetti, sconfessato sempre da Salvini sul Salva Stati, dato in pasto all’ira dei colleghi europei, indebolito. Senza intesa nella maggioranza, insomma, toccherà al ministro leghista, titolare di una fetta rilevante del dossier, gestire la partita con la Commissione. Libero di prorogare le concessioni e di scegliere lo scontro con Von der Leyen.
Di certo, l’attacco frontale del ministro dei Trasporti a Mattarella non promette nulla di buono. Non a caso anche Carlo Fidanza – capo delegazione di FdI all’Europarlamento, di norma meno “trattativista” di Fitto – cerca di bilanciare lo strappo del leghista: «Come sempre è utile e opportuno ascoltare i richiami di Mattarella». Sugli ambulanti, però, il meloniano lascia intendere che il governo non medita impegnative revisioni della norma. In realtà, qualcosa sarà fatto, in modo da andare incontro al Colle. E da non rischiare di porsi in contrasto con gli obiettivi del Pnrr, visto che il dossier delle concessioni per il commercio figura tra gli impegni presi a fronte dei fondi in arrivo dall’Europa. Una leva, quest’ultima, che i ministri pro-mediazion non possono usare per i balneari, dal momento che l’intervento sul demanio marittimo non è tra i target Pnrr.
Sul piano politico però il dossier scottante resta quello delle spiagge. Con lo spettro di un nuovo, potenziale conflitto politico con Bruxelles.