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Eravamo in pensiero per Giuliano Amato, rimasto col culetto al freddo dopo una vita al calduccio alla tenera età di 85 anni. Prematuramente scaduto dalla Consulta, speravamo che le sue sparate retrattili sulla strage di Ustica inducessero la Rai a riesumare Telefono Giallo per affidargliene la conduzione: se ha un programma Nunzia De Girolamo, c’è speranza per tutti. Invece niente. Fortuna che FI, tradizionalmente sensibile al dramma degli anziani disoccupati, gli è corsa in soccorso nominando l’emerito indigente alla presidenza della Commissione Algoritmo: che non è uno scherzo, ma l’organo consultivo del governo sull’Intelligenza Artificiale. Molto più fico del Comitato Calderoli per valutare il nuovo Porcellum dell’autonomia differenziata, in cui Amato si era fiondato con agile balzo, per poi dimettersene subito dopo. Perché lui fa sempre così: agguanta una poltrona per aggiungerla alla collezione, poi si annoia e se ne va. Non per nulla, nella sua quarantennale vita politica – quattro ministeri, una vicepresidenza e due presidenze del Consiglio, cinque mandati parlamentari col Psi e col centrosinistra e mezza dozzina di candidature al Quirinale – diede tre volte l’addio alla vita politica: nel 1992, nel ’97 e nel 2008.
Intanto, fra un ritiro e l’altro, collezionava un’ottantina di poltrone in 40 anni: presidente dell’Antitrust e della Treccani, docente alla Sapienza, membro del Comitato nazionale e del Coordinamento nazionale del Pd (qualunque cosa significhino), presidente della “commissione Attali” all’amatriciana del sindaco Alemanno, consulente Deutsche Bank, presidente onorario della Fondazione Ildebrando Imberciadori, presidente dei Garanti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, garante del Codice etico-sportivo del Coni, vicepresidente della Convenzione Ue, presidente del Comitato per riscrivere la Carta Ue, consulente di Monti sui fondi ai partiti, presidente della Scuola Sant’Anna di Pisa nonché dei relativi ex-allievi, ma pure dell’International advisory board di Unicredit, presidente onorario del Circolo Tennis Orbetello, giudice poi vicepresidente poi presidente della Corte costituzionale e tante altre belle cose. Il tutto a sua insaputa, visto che in una straziante intervista a Rep dichiarò: “Io non faccio parte della Casta” (come se qualcuno l’avesse mai sospettato). Voi capite la drammatica astinenza da cadrega e la nobiltà del gesto caritatevole di FI. Ora purtroppo corre voce che la Meloni voglia levargli di bocca pure l’Intelligenza Artificiale, come vendetta trasversale contro FI, cioè Mediaset, per Giambruno. Non sia mai: il poveretto potrebbe non riaversene più. Giorgia, non farlo: con tutti i guai che ti dà la famiglia, adotta un nonno.