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Ne parlavamo con degli amici, del drappellone da poco presentato e del ruolo che nel tempo ha svolto, in questo ambito, l’Olmastroni, un amico caro del quale sentiamo in molti la mancanza. Un’assenza che andrebbe colmata, almeno in Comune, con altre professionalità e con atti concreti. Ormai siamo abituati al giudizio estetico incentrato sul semplici categorie: bello, brutto. A cui a Siena si somma una considerazione: importante è vincerlo, poi come è, è. Dimenticando che quella presentazione al popolo che, oggi, viene fatta nell’entrone del Palazzo comunale rappresenta ancora un pezzo di antico nella contemporaneità. A sancirlo in maniera inequivocabile è l’articolo 93 del Regolamento del Palio, che stabilisce in maniera inequivocabile l’iconografia del Palio. Durante la stesura dell’ultimo Regolamento mi sono permesso di precisare ancora meglio l’iconografia e la struttura stessa dell’opera attraverso una lettera da consegnare all’artista di turno. Sì, una committenza che sa di esserlo e che si avvale di professionalità per aiutare il pittore incaricato. Il tutto senza incidere sullo stile e il linguaggio che deve rimanere a totale carico del realizzatore, ovviamente. Non sarebbe male se nel contesto della lettera si facesse riferimento anche ai materiali da utilizzare e i vari simboli che l’artista poi potrà realizzare nella sua libertà senza, però, trasformarli. E veniamo al Palio della Emma Sergeant che non giudicherò con le categorie bello, brutto ma prima sui materiali e poi sull’iconografia della madonna e solo in fondo, timidamente sulla composizione. Materiali: si vede a occhi nudo e a distanza che sono stati utilizzati colori di composizione chimica diversa nella criniera del cavallo e nel simbolo del Sindaco. Qualche dubbio anche sulla scritta Libertas: non è del tutto convincente. I materiali devono essere omogenei. Tralascio gli errori nel simbolo del Comitato Amici del Palio, già evidenziati dallo stesso sindaco e da Giovanni Gigli. L’arte sacra è caratterizzata dagli attributi che distinguono i personaggi sacri oggetto della raffigurazione: ebbene di questa caratteristica si è persa l’abitudine da molto tempo e sarebbe utile ripristinarne l’uso. Se nel passato certi artisti che abbiamo scelto come Giunta, non hanno tenuto conto di questa necessità, ne chiedo scusa. La sensibilità per il tema è nata, per quanto mi riguarda, solo successivamente. Comunque non esiste che per la Madonna, fuori dagli attributi che la fanno riconoscere, la pittrice abbia rappresentato se stessa con il proprio volto avvolto in un panno. Sulla composizione non esprimo giudizio che è di squisita pertinenza dell’autrice. Tuttavia risulta confuso, non dà il senso della spazialità, della profondità, ma va bene se così ha voluto la realizzatrice.