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25 Giugno 2025
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Le dimissioni di quattro iscritti dal Partito Democratico di Siena — Pasquale Di Fonzo, Giuseppe Famiglietti, Fiorino Pietro Iantorno ed Emiliano Rolla — rappresentano l’ennesimo campanello d’allarme per un partito che, a livello locale, sembra incapace di apprendere dalle proprie sconfitte e di aprirsi a un reale percorso di rinnovamento.
Non si tratta di una defezione episodica o marginale. I dimissionari erano entrati nel PD dopo la seconda sconfitta consecutiva alle elezioni comunali con l’intento dichiarato di contribuire a ricostruire un centrosinistra credibile, pluralista e partecipato. La loro uscita, motivata da una nota pubblica che denuncia la mancanza di confronto e la gestione verticistica delle decisioni, è il sintomo di un malessere politico profondo.
Il punto non è solo la sostituzione della capogruppo consiliare, avvenuta senza alcuna discussione interna, ma ciò che essa rivela: un partito che prende decisioni fondamentali al di fuori dei propri organismi, in modo opaco e autoreferenziale. In una forza politica che ambisce a rappresentare un’area vasta della società, questi comportamenti non sono solo errori procedurali, ma veri e propri segnali di crisi democratica interna.
Il Partito Democratico senese appare da tempo più preoccupato di gestire gli equilibri interni che di costruire una proposta politica per la città. Dopo le ripetute sconfitte, invece di aprire una fase nuova, ha finito per chiudersi in un meccanismo conservativo, in cui le energie nuove vengono sistematicamente respinte o ignorate. Il risultato è un crescente scollamento tra la struttura del partito e la società reale, tra la dirigenza e una base sempre più distante e disillusa.
Queste dimissioni non sono solo un segnale interno: sono un fatto politico. Esprimono il fallimento di un’idea di partito capace di rinnovarsi e di includere. E pongono una domanda che riguarda tutto il centrosinistra: è ancora possibile pensare a una rappresentanza progressista dentro il perimetro di un PD che, a livello locale, si dimostra impermeabile al confronto e chiuso in logiche autoreferenziali?
Se il partito non cambierà radicalmente metodo e cultura politica, il rischio è quello dell’irrilevanza. A quel punto, il campo progressista senese dovrà trovare altrove — in nuove esperienze civiche, associative o coalizionali — le condizioni per tornare a parlare alla città.
Il tempo della manutenzione interna è finito. O si sceglie una rifondazione vera, aperta e partecipata, oppure si assisterà al lento svuotamento di un partito che, giorno dopo giorno, perde non solo iscritti, ma senso politico.